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La malattia professionale da uso intenso di cellulare

Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

25/10/2012

Riconosciuta dalla Cassazione la concausalità tra un uso intenso del cellulare aziendale o del cordless e le patologie tumorali. Il ruolo dei campi elettromagnetici nella genesi del tumore che colpisce i nervi cranici. A cura di Anna Guardavilla.

 
 
Commento a cura di Anna Guardavilla
 
Con la sentenza n. 17438 dello scorso 12 ottobre, la Cassazione Civile si è pronunciata sul rapporto di concausalità tra un intenso uso del cellulare aziendale e le patologie tumorali affermandone la sussistenza.
 
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’INAIL avverso la sentenza (n. 614 del 2009) con cui la Corte d’Appello di Brescia, Sezione Lavoro, aveva accolto tre anni fa il ricorso del dirigente di una multinazionale che aveva convenuto in giudizio l’Istituto assicuratore per ottenere le prestazioni di legge in riferimento ad una grave e complessa patologia cerebrale di origine professionale.
 

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L’Istituto assicuratore era stato condannato in appello a corrispondere al richiedente la rendita per malattia professionale prevista per l'invalidità all'80%; tale decisione è stata ora confermata dalla Cassazione.
 
In particolare, il dirigente aveva contratto un tumore al nervo trigemino a causa dell’intenso uso che quotidianamente era tenuto a fare del telefono cellulare. Per dodici anni (dal 1991 al 2003), infatti, egli aveva fatto uso di telefoni cordless e cellulari per 5-6 ore al giorno, contraendo una grave patologia tumorale all'orecchio sinistro: essendo destrimane, infatti, egli teneva l’apparecchio all’orecchio sinistro in quanto con la mano destra rispondeva al telefono fisso collocato sulla scrivania o prendeva note e appunti.
 
Come si legge nella recente sentenza della Cassazione, “le prove acquisite e le indagini medico legali avevano permesso di accertare, nel corso del giudizio, la sussistenza dei presupposti fattuali dedotti, in ordine sia all'uso nei termini indicati dei telefoni nel corso dell'attività lavorativa, sia all'effettiva insorgenza di un “neurinoma del Ganglio di Gasser” (tumore che colpisce i nervi cranici, in particolare il nervo acustico e, più raramente, come nel caso di specie, il nervo cranico trigemino), con esiti assolutamente severi nonostante le terapie, anche di natura chirurgica, praticate”.
 
Ripercorrendo la vicenda processuale, originariamente il rifiuto dell’INAIL era stato motivato dalla pretesa “inesistenza di studi scientifici attendibili in ordine alla nocività delle onde elettromagnetiche”, inesistenza che è stata poi smentita invece dalla Corte d’Appello.
 
Il CTU nominato in grado d’appello ha infatti individuato il nesso, quanto meno concausale, tra l’utilizzo dei telefoni e la patologia sulla base di numerosi studi scientifici riassunti in una tabella ed effettuati per lo più dal 2005 al 2009 (per l’analisi dei quali si rinvia alla sentenza integrale): “in tre, effettuati dall’Hardell group, era stato evidenziato un aumento significativo del rischio relativo di neurinoma (intendendosi per rischio relativo la misura di associazione fra l'esposizione ad un particolare fattore di rischio e l'insorgenza di una definita malattia, calcolata come il rapporto fra i tassi di incidenza negli esposti [numeratore] e nei non esposti [denominatore])”.
 
La Cassazione sottolinea che “l'analisi della letteratura non portava quindi ad un giudizio esaustivo, ma, con tutti i limiti insiti nella tipologia degli studi, un rischio aggiuntivo per i tumori cerebrali, ed in particolare per il neurinoma, era documentato dopo un'esposizione per più di 10 anni a radiofrequenze emesse da telefoni portatili e cellularie che “doveva dunque riconoscersi, secondo il CTU, un ruolo almeno concausale delle radiofrequenze nella genesi della neoplasia subita dall'assicurato, configurante probabilità qualificata”.
 
La sentenza richiama a questo punto l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui “nel caso di malattia professionale non tabellata, come anche in quello di malattia ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità.”
In tal senso, il giudice deve non solo consentire all'assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresì valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, considerando che la natura professionale della malattia può essere desunta con elevato grado di probabilità dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti nell'ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa e dall'assenza di altri fattori extralavorativi, alternativi o concorrenti che possano costituire causa della malattia”.
 
Conclusivamente nel caso di specie deve “quindi ritenersi la sussistenza del requisito di elevata probabilità che integra il nesso causale richiesto dalla normativa”.
 
 
 
 
 
 
 


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Rispondi Autore: Graziano Frigeri - likes: 0
25/10/2012 (21:37:30)
Non entro nel merito degli aspetti giuridici, di cui non sono competente. Osservo che una sentenza che legittima studi sui quali la discussione, in sede scientifica, è tuttora aperta e controversa, è abbastanza singolare.....superata solo dalla sentenza recente dell'Aquila. Comincio seriamente a pensare chi accusa la magistratura di delirio di onnipotenza non abbia tutti tutti i torti...
Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0
26/10/2012 (00:46:42)
In effetti la magistratura non esercita alcuna onnipotenza, ma si è rivolta ad un qualificato scienziato della medicina, questi e non altri è il CTU, Consulente Tecnico d'Ufficio, il quale, come bene ha evidenziato Anna Guardavilla riportando il passaggio decisivo, ha sostenuto l'esistenza di un nesso, quanto meno concausale, tra l’utilizzo dei telefoni e la patologia sulla base di numerosi studi scientifici riassunti in una tabella ed effettuati per lo più dal 2005 al 2009 (per l’analisi dei quali si rinvia alla sentenza integrale): “in tre, effettuati dall’Hardell group, era stato evidenziato un aumento significativo del rischio relativo di neurinoma (intendendosi per rischio relativo la misura di associazione fra l'esposizione ad un particolare fattore di rischio e l'insorgenza di una definita malattia, calcolata come il rapporto fra i tassi di incidenza negli esposti [numeratore] e nei non esposti [denominatore])”. Quindi chi ha determinato la decisione della magistratura è stato uno scienziato, non è la magistratura che si è messa a fare scienza. Quanto alla sentenza de L'Aquila, a parte il fatto incredibile di un ministro "tecnico" che nessuno ha eletto che si mette a criticare un potere legittimo dello stato in modo fors eun tantino eccessivo, occorre notare che i capi di imputazione, facilmente reperibili sul web, formulati dall'accusa, che la sentenza di condanna ha accolto, è di aver fatto dichiarazione rassicuranti in modo
negligente e imprudente. Non li hanno condannati per non aver previsto il terremoto, ma per aver detto che non ci sarebbe stato un grave terremoto. Hanno indebitamente rassicurato la popolazione, pur essndo membri di un organismo pubblico che deve agire sempre nel rispetto della legge e con prudenza e diligenza.
Rispondi Autore: Graziano Frgeri - likes: 0
26/10/2012 (10:25:42)
Ho letto l'ottimo articolo di Anna Guardavilla, che ovviamente non contesto; quello che contesto alla magistratura è proprio l'affidarsi ad un (uno di numero) CTU e poi decidere in base alle sue pur autorevoli e rispettabili opinioni. Poi, conoscendo il metodo con cui vengono selezionati i CTU (enon mi riferisco akl caso specifico) i dubbi sono ancora maggiori. Sull'Aquila poi, al di là delle esternazioni di Clini, i dubbi restanoi tutti, anche e a maggior ragione dopo le motivazioni addotte.
Rispondi Autore: Paolo Alemani - likes: 0
27/10/2012 (18:29:24)
Sarebbe una gran bella cosa che ognuno rimanesse nel suo orto. Gli scienziati facciano gli scienziati (e lo fanno spesso molto bene anche in un paese come il nostro) e gli avvocati facciano gli avvocati (con questa sentenza e con quella dell'Aquila dimostrano troppo spesso un atteggiamento arrogante e chiaramente una cultura scientifica totalmente assente).
Dubini, lei dice "Non li hanno condannati per non aver previsto il terremoto, ma per aver detto che non ci sarebbe stato un grave terremoto" ma stiamo veramente toccando il fondo del barile!!! Lo sa o no che buona parte del territorio italiano è a medio/grave rischio sismico?!? Lo sa o no che la maggiorparte della popolazione italiana è seduta su una bomba che prima o poi scoppierà?!? e questo non solo quando ci sono scosse, sempre, in ogni momento. Solo una persona scientificamente impreparata può pensare di prevedere un terremoto, sarebbe bello.....ma non è così. Io sto dalla parte dei tecnici della protezione civile, l'inizio di una sequenza sismica nel 90% dei casi porta al rilascio graduale di energia. rimane quel 10% dove, alla faccia del delirio di onnipotenza della magistratura, la natura ci ricorda che sulla terra valiamo tanto quanto le formiche. Avvocati o scienziati non fa differenza.
Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0
29/10/2012 (00:12:02)
Qualcuno pensa che le sentenze le facciano gli avvocati, mentre io mi sono limitato a spiegare il semplice motivo per il quale li hanno condannati, senza esprimere alcun giudizio, ne tanto meno ad impropri attacchi personali. Ripeto, non li hanno condannati per non aver previsto il terremoto, ma per avere impropriamente rassicurato la popolazione. Se il terremoto è imprevedibile, perchè rassicurare? Chiedo formalmente alla redazione che i post contenenti attacchi personali vengano cancellati.
Rispondi Autore: Paolo Alemani - likes: 0
29/10/2012 (08:44:19)
Dott. Dubini. Non vuole essere un attacco personale ma solo una vivace sottolineatura della carenza di cultura scientifica a tutti i livelli. Dalla magistratura che condanna persone di fronte ad un fenomeno fisico che in Italia dovrebbe essere perfettamente conosciuto (non siamo nella Russia continentale siamo seduti su un groviglio di faglie e vulcani mediamente attivi!!) alle persone che si fanno "rassicurare" passando per tutti i livelli intermedi. Ma cosa avrebbero dovuto fare i geologi? Come già dicevo se si innescano delle sequenze sismiche in una certa regione è ragionevole pensare che l'energia si stia scaricando lentamente (succede nella maggioranza dei casi tranne qualche volta), è la condizione ideale che qualsiasi sismologo si augurerebbe. I casi come L'Aquila, succedono, sono successi e succederanno. I tecnici che avrebbero dovuto fare? Non dire nulla? e già vedo i titoli dei giornali...."La protezione civile non protegge". Evacuare la zona? scatenando il panico per poi portare le persone dove? In quanto tempo? Magari ospitarle nei dormitori come quello miseramente sbriciolatosi? "I terremoti non hanno mai ucciso nessuno, sono le case fatte male che ammazzano la gente!" mi pare l'abbia detto Boschi. Ha perfettamente ragione. La prevenzione e la conoscenza (VERA non quella umanistica) dei fenomeni naturali è quella che salva le persone. I giapponesi insegnano. Elevata cultura scientifica, conoscenza dei rischi del proprio territorio, prevenzione ad altissimi livelli. Siete VOI avvocati e magistrati a dover colpire con durezza i responsabili dei morti (chi ha costruito senza rispetto dei criteri, chi ha lesinato sulle materie prime, sui politici che hanno autorizzato male e sulle persone che hanno commesso abusi e se poi ci hanno lasciato le penne nel fenomeno tanto peggio per loro, mi fa imbestialire il fatto che siano degli innocenti a pagare per le furberie degli altri) non su chi cerca nell'emergenza di evitare danni ancora maggiori. Ultimo appunto sulla rimozione dei commenti......trovo che Internet e tutto il resto siano un formidabile strumento di partecipazione e crescita. Preferisco che mi risponda "Alemani, lei non capisce niente!" ne prenderò atto e imparerò piuttosto che stroncare le discussioni imponendo rimozioni di interventi fastidiosi quello si, offensivi non penso proprio. Ognuno si prenda le responsabilità di quello che pensa, scrive e riporta e se la cosa scatena delle reazioni MEGLIO!!! Vuol dire che c'è in giro ancora qualcuno dotato di attività cerebrale!! Discutiamo, non censuriamo.....
Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0
31/10/2012 (08:31:58)
Tornando all'interessante sentenza presentata dalla Dott.ssa Guardavilla, va notato che “significativamente” la sentenza di appello seguendo le osservazioni contenute nella perizia tecnica “ha ritenuto di dover ritenere di particolare rilievo quegli studi che avevano preso in considerazione anche altri elementi, quali l’età dell’esposizione, l’ipsilateralità e il tempo di esposizione”, come visto, tutti fattori rilevanti in quanto presenti nel caso di specie. Non solo, la Cassazione ha accordato anche un credito in più agli studi citati dalla Ctu proprio perché indipendenti e non finanziati dalle aziende telefoniche. Non è un caso se gli studi scettici sugli effetti dannosi dei telefonini siano sempre finanziati dalle aziende telefoniche.
Rispondi Autore: Paolo Alemani - likes: 0
05/11/2012 (09:11:26)
Di nuovo non mi trovo d'accordo con la sentenza. Per prima cosa sono poco propenso a pensare che l'intera comunità scientifica sia al soldo delle multinazionali della telefonia e quindi "orientata" nel non evidenziare eventuali problematiche legate all'uso dei cellulari. Poi, usando un pò di buon senso (senza pretendere di arrivare a conclusioni, per questo servono studi e analisi epidemiologiche ben più approfondite) mi chiedo: "ma se fossero così pericolosi da produrre il cancro, visto il grandissimo numero di utilizzatori (di tutte le tipologie, bianchi, neri, alti bassi, occasionali, abituali o fanatici, etc. etc.) dovremmo trovarci di fronte a un'epidemia di nuove forme tumorali associabili al cellulare" Non mi risulta. Quello che mi preoccupa di più sono le sostanze cancerogene che sfacciatamente ci danno da bere, mangiare e respirare tutti i giorni. In primis il benzene (Cancerogeno Categoria 1 IARC) nelle benzine verdi (1% da decreto ma in realtà spesso presente in concentrazioni maggiori). E qui SI' che si nota un certo aumento dei casi di tumore associati a queste sostanze (vedasi leucemia, che non viene generata dagli ectoplasmatici campi elettromagnetici ma dal benzene e dai suoi fratelli (chimicamente parlando). Senza parlare poi dell'inefficienza delle marmitte catalittiche....Forse ci fanno preoccupare della pagliuzza e non ci fanno vedere la trave. Un saluto.
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0
05/11/2012 (09:48:07)
Trovo singolare la pretesa di ragionare in termini scientifici usando il "buon senso". Mi sarei aspettato riferimenti scientifici consolidati. Sul sito del NCI National Cancer Institute, statunitense, vengono riportati i pareri degli esperti, e ad esempuio lo IARC definisce le radiofrequenze sospette cancerogene, il che ha conseguenze non solo per quel che riguarda la sentenza, ma anche in termini di obbligo del datore di lavoro che impone ai dipendenti l'uso massiccio di cellulari di valutarne il rischio per la salute e di effettuare una sorveglianza sanitaria proporzionata: What do expert organizations conclude?


The International Agency for Research on Cancer (IARC), a component of the World Health Organization, has recently classified radiofrequency fields as “possibly carcinogenic to humans,” based on limited evidence from human studies, limited evidence from studies of radiofrequency energy and cancer in rodents, and weak mechanistic evidence (from studies of genotoxicity, effects on immune system function, gene and protein expression, cell signaling, oxidative stress, and apoptosis, along with studies of the possible effects of radiofrequency energy on the blood-brain barrier).

The American Cancer Society (ACS) states that the IARC classification means that there could be some risk associated with cancer, but the evidence is not strong enough to be considered causal and needs to be investigated further. Individuals who are concerned about radiofrequency exposure can limit their exposure, including using an ear piece and limiting cell phone use, particularly among children.

The National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS) states that the weight of the current scientific evidence has not conclusively linked cell phone use with any adverse health problems, but more research is needed.

The U.S. Food and Drug Administration (FDA), which is responsible for regulating the safety of machines and devices that emit radiation (including cell phones), notes that studies reporting biological changes associated with radiofrequency energy have failed to be replicated and that the majority of human epidemiologic studies have failed to show a relationship between exposure to radiofrequency energy from cell phones and health problems.

The U.S. Centers for Disease Control and Prevention (CDC) states that, although some studies have raised concerns about the possible risks of cell phone use, scientific research as a whole does not support a statistically significant association between cell phone use and health effects.

The Federal Communications Commission (FCC) concludes that there is no scientific evidence that proves that wireless phone use can lead to cancer or to other health problems, including headaches, dizziness, or memory loss.
Rispondi Autore: Paolo Alemani - likes: 0
05/11/2012 (10:26:29)
Giustissimo.....infatti il mio ragionamento mediato dal "buon senso" non ha nessuna pretesa di valore scientifico. Come dicevo "(senza pretendere di arrivare a conclusioni, per questo servono studi e analisi epidemiologiche ben più approfondite).." è solo un ragionamento. E quello che mi riporta riferito allo IARC non fa che confermare quanto dicevo. Di fronte a un sospetto cancerogeno (classe 2B IARC- ELF) si prendono posizioni mentre di fronte a un cancerogeno accertato (Classe 1 IARC - Benzene) si chiudono gli occhi. Ciò non significa fregarsene dei possibili effetti dei CEM, giustamente esiste il principio di precauzione che impone la sorveglianza sanitaria e il monitoraggio. Ma la precauzione di fronte a un possibile danno non deve essere paragonata alla difesa contro un pericolo accertato. Se volessimo giocare con i numeri si potrebbero paragonare il numero di casi di malattie indotte dal cellulare (accertate) e paragonarle con i casi di malattie indotte dal benzene (e compagnia). Non conosco questi numeri ma scommettiamo che il benzene è un pò più "cattivo"? (perdonatemi il linguaggio poco scientifico..;) Un saluto.
Rispondi Autore: Paolo Alemani - likes: 0
05/11/2012 (10:46:25)
Vi consiglio di visionare la lista dei cancerognei di classe 2B IARC. Non vorrei spaventare nessuno ma c'è pure il caffè...Un saluto.

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