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La Cassazione sugli obblighi dei lavoratori

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

09/07/2012

Il lavoratore, per disposizione di legge, ha l’obbligo di prendersi cura dell’altrui ma anche della propria sicurezza. La violazione di tale obbligo determina una “colpa specifica” per eventuali danni subiti sia dallo stesso che da terzi. Di G.Porreca.

 
 
 
Commento a cura di G. Porreca.
 
Anche il lavoratore è destinatario degli obblighi in materia di salute e di sicurezza sul lavoro. L’obbligo imposto allo stesso dalle disposizioni di legge di prendersi cura sia della propria salute e sicurezza che di quella delle altre persone che possono essere presenti sul luogo di lavoro e sulle quali possono ricadere gli effetti delle sue azioni ed omissioni nonché l’obbligo di osservare le disposizioni e le istruzioni impartite  dal datore di lavoro e di utilizzare i dispositivi di protezione individuale messi a sua disposizione costituiscono degli obblighi specifici la cui violazione comporta una “colpa specifica” che incide, in caso di infortunio, sul concorso di colpa per i danni subiti sia da esso, come nel caso in esame, che da terze persone.
 


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Il caso
La Corte di Appello ha confermata la sentenza di condanna emessa a carico di un capo cantiere per il reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica in danno di un lavoratore infortunatosi confermando altresì il riconoscimento del concorso di colpa dello stesso infortunato nella misura del 50% e statuendo la condanna dell'imputato e del responsabile civile alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, liquidate in euro 2000,00.
 
L’infortunio sul lavoro si era verificato durante i lavori di manutenzione di una colonna di assorbimento dell'acido solforico, durati per circa due ore, in quanto il lavoratore, non avendo fatto uso dell'apposita maschera protettiva, ha inalato dei vapori nocivi procurandosi così delle lesioni consistite in una insufficienza respiratoria da inalazione accidentale con incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni. I giudici di merito avevano individuata la responsabilità dell’imputato in quanto, nella sua qualità di garante, non aveva assicurato al lavoratore infortunato il più tempestivo ripristino della condizione di sicurezza che sarebbe derivata dall'indossare la maschera antigas ed avevano affermata, altresì, la corretta determinazione nel 50% del ritenuto concorso di colpa della parte lesa, evidenziando la condotta indubbiamente disavveduta e trascurata tenuta dall'infortunato il quale non aveva indossato la maschera antigas, pur avendo ricevuto adeguate informazioni preventive ed essendo stato indicato l’utilizzo della stessa nel permesso di lavoro quale misura di prevenzione del rischio specifico.
 
Il ricorso in Cassazione e le decisioni della suprema Corte
La parte civile ha proposto ricorso per cassazione lamentando l'erronea applicazione della legge penale con riferimento al ritenuto concorso di colpa sostenendo che il permesso di lavoro recava la semplice prescrizione di "tenere a disposizione" occhiali, guanti e maschera antigas mentre l'apposita casella, che prescriveva di indossare tali dispositivi di sicurezza non era barrata né erano state fornite istruzioni specifiche di indossare la maschera essendo state tra l’altro del tutto trascurate, in merito a tale ultima circostanza, le dichiarazioni testimoniali rese della parte offesa e dell'altro operaio, che assisteva il danneggiato nel lavoro di smontaggio della colonna recupero acido solforico, i quali concordemente avevano escluso che fosse stato loro prescritto di indossare la maschera.
 
Il ricorso è stato però ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che ha giudicata logica e congruamente articolata la motivazione in proposito fornita dal giudice di merito. Ha rilevato, infatti, la Sez. IV che nel caso in esame il concorso di colpa della parte offesa è stato correttamente ricondotto all'omesso utilizzo della maschera antigas, la cui messa a disposizione del lavoratore è stata oggetto di puntuale accertamento da parte dei giudici di merito. “Questa conclusione”, ha sostenuto la suprema Corte, “è coerente con gli obblighi che gravano sul lavoratore in quanto anch'egli destinatario iure proprio della normativa antinfortunistica. Importante, in proposito, è la disposizione che dettaglia in maniera ancora più puntuale rispetto alla previgente disciplina (cfr., in particolare, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 6), gli obblighi comportamentali dei lavoratori (Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 20)”.
 
“Di rilievo, in particolare”, ha proseguito la Sez. IV, “è l'obbligo imposto al lavoratore di prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni od omissioni (articolo 20, comma 1) nonché, di particolare rilievo nel caso di interesse, quelli di osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro (articolo 20, lettera b) e di utilizzare i dispositivi di protezione messi a disposizione (articolo 20, lettera d)”. “Si tratta di obblighi cautelari ‘specifici’”,ha quindi concluso la suprema Corte, “ la cui violazione integra un addebito a titolo di ‘colpa specifica’, che incidono nella determinazione del concorso di colpa della vittima, come nel caso in esame, ovvero, in caso di danno a terze persone, con gli effetti di cui all'articolo 589 c.p., comma 2, e articolo 590, comma 3”.
 
Per quanto riguarda, infine, la censura proposta dall’imputato secondo la quale il giudicante avrebbe trascurato la circostanza che nel permesso di lavoro si dava atto della messa a disposizione della maschera antigas ma non della prescrizione di indossarla, la suprema Corte l’ha ritenuta destituita di fondamento, tenuto conto che i giudici di merito avevano espressamente esclusa l'omessa informazione del lavoratore, evidenziando l'incontro sul tema della sicurezza svoltosi qualche giorno prima dell'incidente. “Va ricordato, inoltre”, conclude la Sez. IV, “che il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 77 dedicato agli obblighi del datore di lavoro, espressamente prevede al comma 3, l'obbligo del datore di lavoro di fornire al lavoratore dispositivi di protezione individuali idonei mentre l'articolo 78 dello stesso Decreto stabilisce che i lavoratori, in ottemperanza a quanto previsto dal citato articolo 20, comma 2, lettera d) del citato Decreto Legislativo utilizzino i dispostivi di protezione messi a loro disposizione”.
 
 
 
 
 


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Rispondi Autore: Michela Meneghel - likes: 0
09/07/2012 (20:11:54)
....meditiamo tutti....
Rispondi Autore: Mingucci Leo - likes: 0
10/07/2012 (00:45:02)
L'obbligo imposto al lavoratore di prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro dovrebbe essere secondario a quello del datore di lavoro e dei dirigenti che sono tenuti altresì a vigilare in ordine all’adempimento degli obblighi di cui agli
articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ferma restando l’esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi dei medesimi
articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia
riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti.
E comunque può un lavoratore rifiutarsi in più occasioni di eseguire i lavori che gli vengono assegnati, motivandosi di provvedere alla propria sicurezza senza incorrere in provvedimenti disciplinari?
Chi lo supporta in questi casi? Tenendo conto che per il 99% i lavoratori non hanno possibilità economiche da mettere a rischio?
Ringrazio dell'opportunità concessami e porgo distinti saluti.
Rispondi Autore: Franco Bernardi - likes: 0
14/07/2012 (16:32:03)
!!! Santa sentenza!!! Ma allora perchè gli UPG non sanzionano mai i lavoratori che palesemente compiono azioni che lo richiederebbero? (tipo disattivare i dispositivi di protezione o compiere azioni palesemente in violazione della norma).
Rispondi Autore: Leo Mingucci - likes: 0
14/07/2012 (23:22:50)
Chiedo scusa al sig. Franco perché non conosco il significato dell'abbreviazione UPG ma mi sembra di capire che sono coloro che dovrebbero impartire sanzioni. Non lo fanno perché essi stessi sono i primi a dover essere sanzionati.
Mi spiego meglio; i lavoratori che disattivano i dispositivi di protezione nella stragrande maggioranza dei casi lo fanno per eseguire certi lavori secondo le aspettative di chi glieli ha assegnati. Pertanto sotto questo aspetto sarebbero da premiare e non da sanzionare. D'altra parte sarebbe da sanzionare chi pretende risultati che non sarebbero conseguibili rispettando tutte le norme.La maggior parte dei lavoratori non hanno nessun interesse a rimuovere i suddetti dispositivi se non per sentirsi apprezzati dal loro datore di lavoro per la celerità con cui svolgono i loro compiti.Per questo motivo gli UPG come li chiama lei non impartiscono sanzioni, perché i primi a non fare il loro dovere e cioè apprezzare chi lavora diligentemente, sono proprio loro.
Qualsiasi dispositivo di protezione messo in atto implica onere economico unito a rallentamento della produzione. I lavoratori avrebbero solo vantaggi ad osservare tutte le norme ma se poi a causa delle stesse essi vengono considerati lavativi perché non riescono a produrre come chi le norme non le osserva, sicuramente, anche per non rischiare il posto di lavoro, sono psicologicamente indotti ad affrontare certi pericoli.

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