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Il Documento di Valutazione dei Rischi nelle sentenze degli ultimi mesi

 Il Documento di Valutazione dei Rischi nelle sentenze degli ultimi mesi
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

23/12/2015

La differenza in termini di valore giuridico tra DVR, prassi operative ed istruzioni verbali, i dati di comune esperienza, l’acquisizione delle informazioni, la prevedibilità, nelle pronunce della Cassazione Penale dell’ultimo trimestre. Di A. Guardavilla

 
Alcune sentenze emanate dalla Cassazione Penale negli ultimi tre mesi aventi ad oggetto la valutazione dei rischi e il relativo documento si segnalano per il loro particolare interesse.
 
Differenza tra DVR, prassi aziendali ed istruzioni verbali: la prassi operativa “non assume valore equipollente alla valutazione dello specifico rischio”
 

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Cassazione Penale, Sez. IV, 15 ottobre 2015 n.41486 affronta il tema relativo al rapporto e alle differenze tra il Documento di Valutazione dei Rischi (o, nella fattispecie, il POS) da un lato e le prassi operative e le disposizioni verbali dall’altro.
Nella fattispecie la Corte ha confermato la condanna di una datrice di lavoro “in quanto, omettendo l’adozione di misure per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, anche di carattere strettamente valutativo dei rischi a cui sono esposti i lavoratori, contribuiva a cagionare al dipendente lesioni personali.” In particolare quest’ultimo, “mentre era intento alle operazioni di manutenzione del condotto di aspirazione dell’impianto di decapaggio, collocato sulla sommità del capannone aziendale, perdeva l’equilibrio e rovinava sul coperchio della vasca cadendo dalla scala appoggiata sul predetto coperchio.”
 
La datrice di lavoro aveva tentato di “addurre il comportamento anomalo ed abnorme del prestatore di lavoro rispetto alle dette regole di sicurezza vigenti nell’azienda,sia pure determinate da prassi, che escluderebbe, in tal modo la responsabilità a titolo di colpa del datore di lavoro, avendo il lavoratore deciso di procedere alla riparazione del condotto di aspirazione mediante l’utilizzo inappropriato di una scala, attrezzo il cui uso per tali operazioni era escluso dalla richiamata prassi aziendale.”
 
Ma la Cassazione ritiene l’assunto infondato, partendo dal presupposto che “erano state provate non solo la mancanza di valutazione (nel POS) del rischio derivante dallo svolgimento in quota di determinati lavori di manutenzione, ma anche l’omessa concreta dotazione al lavoratore, nel frangente dell’infortunio, degli strumenti idonei ad effettuare tali tipi di lavoro (trabattello).”
 
A questo punto la Corte dedica un interessante passaggio della sentenza al valore giuridico della prassi operative in relazione al DVR.
 
Secondo la Cassazione, “va […] sul punto della invocata “prassi aziendale” richiamato il principio giurisprudenziale già espresso, in maniera uniforme da questa Quarta Sezione della Corte, secondo cui non assume valore equipollente alla valutazione dello specifico rischio contenuta nel POS l’esistenza di una semplice prassi operativa.”
 
Infatti, prosegue la Corte, “la valutazione del rischio è operazione complessa che consiste nell’analisi dei dati e nella loro valutazione in funzione di una concomitante definizione delle misure da adottare per eliminare o, ove possibile, ridurre il rischio individuato” ed “essa sfocia peraltro in una compiuta formalizzazione, sicché una prassi operativa è per definizione priva di ogni premessa analitica e valutativa, come di una veste formale; nasce dalla mera ripetizione dell’attività, in assenza di eventi di disconferma ed in forza di una conferma non legata ad un rapporto costo/benefici che non considera necessariamente il valore prioritario della sicurezza e della salute dei lavoratori (Sentenza n. 27934 del 12.07.2012, ric. Casagrande)”.
 
In conclusione, “le istruzioni verbali e le mere prassi operative non assumono quella forza cogente che deve essere, invece, attribuita alla “codificazione” delle norme attuative antinfortunistiche in un documento scritto all’uopo redatto, lasciando ragionevolmente negli addetti alle lavorazioni pur sempre, nella loro rappresentazione soggettiva, quei margini di discrezionalità nella esecuzione di esse (istruzioni meramente verbali e prassi), riconnessi alla caratteristiche (non codificate e prive di alcuna solennità) di tali diverse forme di attuazione delle norme prevenzionistiche; ritenute, in tal caso, variabili in quanto del tutto plausibilmente soggette a quegli adattamenti suggeriti dalle concrete contingenze, sulla base di condotte ricollegabili proprio alla carenza di norme scritte inderogabili contenute nel documento formale, tali da attribuire ad esse quelle caratteristiche di cogenza ed inderogabilità, proprie di tali forme di “codificazione normativa scritta”, delle modalità di lavorazione all’interno dell’azienda, conformi alle cautele antinfortunistiche, rispetto a disposizioni meramente verbali ed a prassi aziendali.”
 
Valutazione del rischio e prevedibilità sulla base dei dati di comune esperienza, prudenza, diligenza” in relazione all’attività svolta
 
La sentenza Cassazione Penale, Sez. IV, 2 ottobre 2015 n. 39765 ha confermato la condanna per omicidio colposo dell’amministratore delegato di un S.r.l. e del responsabile di un deposito della stessa poiché “non avevano valutato, tra gli altri, il rischio particolare cui era esposto il lavoratore, il quale, addetto a mansioni di autotrasportatore, provvedeva al periodico prelievo di rottami in vetro presso lo stabilimento della …; in detta occasione […] si era venuto a trovare nella necessità di sganciare l’autocarro dal rimorchio per l’impossibilità di accedere al punto di prelievo con l’intero veicolo, data la ridotta dimensione del tratto di strada antistante; nel documento di valutazione rischi della s.r.l. mancava ogni riferimento a tale specifico rischio, con conseguente omessa individuazione delle misure preordinate a fronteggiarlo (individuazione di una zona che consentisse di operare in sicurezza ed indicazione delle modalità operative).”
 
Inoltre va aggiunto, con riferimento al lavoratore infortunato, che “non gli era stata assicurata una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza, avuto riguardo alle proprie mansioni, con particolare riferimento allo svolgimento delle operazioni di cui sopra.”
 
E’ da rilevare che tra i vari motivi di ricorso l’imputato aveva fatto presente anche che “in relazione alle operazioni di sganciamento e riaggancio, le norme I.S.P.E.S.L. prendevano in considerazione il rischio di schiacciamento degli arti, ma assolutamente non consideravano la possibilità di un incidente mortale. Pertanto se tale rischio non era prevedibile per gli Enti deputati alla sicurezza sul lavoro, certamente non poteva esserlo per l’imputato.”
 
Tale argomentazione è giudicata infondata dalla Cassazione, la quale replica che, in attuazione dell’articolo 2087 del codice civile, “il dovere di sicurezza si realizza o attraverso l’attuazione di misure specifiche imposte tassativamente dalla legge oppure con l’adozione dei mezzi idonei a prevenire ed evitare i sinistri, assunti con i sussidi dei dati di comune esperienza, prudenza, diligenza, prevedibilità, in relazione all’attività svolta.
Pertanto, nel caso in esame, la circostanza che le norme ISPESL non prendessero in considerazione il rischio morte, non rileva, considerato peraltro che in ogni caso era presa in considerazione la possibilità dello schiacciamento.”
 
Valutazione dei rischi, prevedibilità, segnalazioni e informazioni al datore di lavoro
 
In Cassazione Penale, Sez. IV, 26 novembre 2015 n. 47002, la Suprema Corte ha confermato la responsabilità di un datore di lavoro il quale “non aveva preveduto nel documento di valutazione dei rischi quelli connessi all’operazione di incordatura (con particolare riferimento ai rischi relativi al contatto con gli organi in movimento) e non aveva disposto che la zona relativa all’avvolgitore della linea CAST 1 (presente nel reparto estrusione, sulla quale era avvenuto l’infortunio) fosse dotata di dispositivo di interblocco che escludesse l’avvio accidentale dell’organo ruotante denominato “aspo” quando il cancello della predetta linea risultava aperto.”
 
In sede di giudizio di merito, “dopo una preliminare descrizione dell’impianto e del contesto nel quale si è verificato l’infortunio…, è stato ritenuto prevedibile il fatto che nel turno di notte si potesse arrestare l’aspo (le cui anomalie si erano più volte verificate in passato)”.
 
Risulta interessante il fatto che“nella sentenza del Giudice di primo grado è stata presa in esame la possibilità che l’imputato, nella sua qualità di datore di lavoro, non fosse stato informato (prima dell’infortunio) della non regolare corsa dell’aspo, ed è stato sul punto rilevato che il problema dell’aspo che si fermava era così rilevante da indurre il caporeparto a dare ai dipendenti la disposizione di non entrare nell’impianto con l’aspo fermo; ciò non di meno il capo reparto non aveva riferito al responsabile della sicurezza per essere supportato nell’iniziativa e per avere lumi su soluzioni differenti e più definitive, anche al fine di deresponsabilizzarsi. Ed è stato conclusivamente ritenuto che l’imputato colpevolmente non aveva “dato disposizioni in merito ai dipendenti affinché lo rendessero edotto tempestivamente di inconvenienti che potevano avere ripercussioni sui suoi interventi nel campo della sicurezza”.
 
Valutazione del rischio incendio, applicabilità del DVR a tutte le tipologie di rischio e a tutti i settori ivi compreso quello della ristorazione
 
Cassazione Penale, Sez. III, 30 settembre 2015 n. 39363 ha condannato il datore di lavoro di un Pub per  aver “omesso di aggiornare/elaborare il documento di valutazione del rischio incendio e/o esplosione”.
 
Replicando alla tesi del ricorrente secondo cui “la normativa in questione fa riferimento proprio agli infortuni sul lavoro, per cui va parametrata al rischio connesso al lavoro e non al fatto che vi sia o meno il pubblico nell’esercizio commerciale”, la Corte ricorda che “il documento di valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, previsto dall’art. 28 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, è applicabile a tutte le tipologie di rischio e a tutti i settori pubblici o privati, ivi comprese le attività di ristorazione (cfr. Sez. 3, Sentenza n.33567 del 04/07/2012 Ud. dep. 31/08/2012 Rv. 253171).”
Dunque “da ciò discende l’obbligo del prescritto documento anche per l’attività di Pub con “attività accessoria di piccoli intrattenimenti”, esercitata dalla srl.”
 
La Cassazione conferma inoltre quanto affermato dal “Tribunale, il quale ha precisato altresì, sempre sulla base di tipico accertamento in fatto, che, trattandosi di attività con accesso e permanenza di pubblico, il rischio infortunistico collegato all’evenienza incendi non poteva essere classificato come “basso”, per cui si rendeva necessaria la previsione di vie di fuga agevoli in caso di uscita rapida per il pubblico.”
 
Rischio specifico (di investimento nel piazzale) correttamente valutato nel DVR ma misure non attuate
 
Concludiamo citando anche una sentenza ( Cassazione Penale, Sez. IV, 9 novembre 2015, n.44793) in cui un responsabile di unità locale è stato condannato per aver “contribuito a cagionare l’investimento di un pedone” da parte di un autoarticolato in retromarcia.
Il ricorrente, “pur avendo redatto il documento di valutazione dei rischi ed avendo evidenziato il rischio specifico di investimento del personale da parte degli automezzi in manovra”,tuttavia “non aveva dato attuazione alle misure atte a prevenire tale rischio, non facendo apporre nell’area di manovra una segnaletica orizzontale delineante i percorsi sicuri di manovra e di circolazione dei pedoni; né facendo apporre una cartellonistica adeguata a richiamare i pericoli.”
Si noti che la Cassazione sottolinea che “tali misure erano vieppiù necessarie, tenuto conto che nelle operazioni di carico e scarico erano impegnate anche aziende sub appaltatrici che non avevano alcuna conoscenza dei rischi connessi alla circolazione nel piazzale.”
 
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
 
 
 
 
 
 




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Rispondi Autore: Massimo Peca - likes: 0
23/12/2015 (12:24:05)
Complimenti! Sempre attenta ed acuta nell'osservare le sentenze della Cassazione.
Queste dimostrano che molti imprenditori devono fare un percorso culturale ancora molto lungo. Sopratutto quando sostengono tesi, francamente, impresentabili. Tantopiu' se avallate dai loro avvocati.
Rispondi Autore: Anna Guardavilla - likes: 0
23/12/2015 (19:55:42)
Grazie Dott.Peca, gentilissimo. Auguri a Lei e a tutti i lettori di Puntosicuro di buone festività. Anna Guardavilla
Rispondi Autore: Massimo Peca - likes: 0
24/12/2015 (10:31:19)
Ringrazio per gli auguri e ricambio con piacere.
Buone festivita' a tutti.
Rispondi Autore: alessandro mazzeranghi - likes: 0
02/01/2016 (10:29:09)
Complimenti Anna, questi tuoi articoli sono sempre spunto di meditazioni utilissime
Rispondi Autore: silvio ventroni - likes: 0
02/01/2016 (21:30:52)
Dott.essa Auguri di buon anno , complimenti inoltre per il continuo contributo a chiarimenti di sentenze e massime giuridiche .
Rispondi Autore: mauro fugazza - likes: 0
04/01/2016 (11:07:54)
E' lume della vera saggezza discernere il bene dal male senza sbagliare.
Diadoco di Fotice
Rispondi Autore: alessandro mazzeranghi - likes: 0
11/01/2016 (16:45:21)
Complimenti Anna, questi tuoi articoli sono sempre spunto di meditazioni utilissime

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