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La relazione fra sicurezza sul lavoro e gestione delle risorse umane

La relazione fra sicurezza sul lavoro e gestione delle risorse umane
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Interviste e inchieste

26/03/2015

Come è possibile connettere la gestione della sicurezza sul lavoro con la gestione delle risorse umane? Qual è il rapporto tra RSPP, HSE e HR? Come stimolare la collaborazione? Intervista a Carlo Galimberti, docente di psicologia della comunicazione.


 
Milano, 26 Mar – Certamente il modo migliore di affrontare la gestione della sicurezza in ogni azienda, di tutelare la salute e sicurezza dei lavoratori, di prevenire incidenti e malattie professionali è quello di costruire condizioni organizzative e gestionali adatte. Ed è necessario affrontare questi problemi in modo integrato favorendo la necessaria collaborazione tra tutte le funzioni aziendali.
 
Purtroppo questo spesso nelle aziende non accade e per questo motivo si è tenuto a Milano il 19 marzo un convegno, organizzato da AiFOS (Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro) in collaborazione con il gruppo professionale ISMO, dal titolo “ HR & Safety at work. Un legame che crea cultura”.
 
Il convegno partiva proprio dalla constatazione che in molte medie e grandi realtà aziendali la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori è considerata slegata dalla gestione delle risorse umane (Human Resource Management) e che fosse necessario cercare soluzioni e strategie in grado di connettere questa essenziale funzione aziendale con i temi della sicurezza e, in particolare, con le attività del Servizio di Prevenzione e Protezione.
Nel convegno il tema è stato presentato da alcuni relatori e diverse aziende presenti sul territorio italiano hanno portato esempi di criticità o di collaborazioni dei due mondi: la Human Resource (HR) e la Safety ( RSPP e HSE, Health Safety Environment).
 
  

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Proprio per conoscere meglio queste problematiche organizzative, per poter approfondire come stimolare le collaborazioni  e capire come sia possibile permeare le aziende della “ cultura della sicurezza”, abbiamo intervistato uno dei relatori, che ha presentato e concluso il convegno: il Prof. Carlo Galimberti , docente dell' Università Cattolica di Milano e direttore del Centro Studi e ricerche di Psicologia della comunicazione (CSRPC).
 
Le prime domande che gli abbiamo posto riguardano proprio il convegno: perché è importante che nelle aziende ci sia una connessione tra Risorse Umane e Sicurezza? In che modo questo tema riguarda le competenze in materia di psicologia sociale della comunicazione?
 
Durante l’incontro il Prof. Galimberti ha presentato alcune definizioni e concetti molto interessanti in materia di sicurezza.
Ad esempio della cultura della sicurezza d’impresa, cioè di “come le varie funzioni, i vari ruoli, le operazioni, gli adempimenti, i processi formativi” si potrebbero armonizzare “dando vita ad una vera e propria prospettiva di quella particolare azienda, di quel gruppo organizzativo e di lavoro, ...”. Galimberti ha sottolineato come sia importante arrivare “ad un vero e proprio patrimonio di tipo culturale, che non vuol dire solo norme, vincoli e indicazioni. Ma vuol dire soprattutto regole di comportamento, valori, orientamenti, comportamenti spiccioli, interpretazioni, ...”.
 
Inoltre ha ricordato come in un’azienda “l’organizzazione della sicurezza coincide nelle aziende con l’organizzazione della produzione” e come la cultura sia costruzione di “senso”, ma anche costruzione di “legami”. Ad esempio tra Safety e HR all’interno dell’ organizzazione lavorativa.
 
Cosa si è detto nel convegno? Come è possibile portare nelle aziende il legame tra produzione e sicurezza? Quali sono gli esempi positivi e le criticità della collaborazione tra Safety e HR? Quanto è importante la costruzione di senso nelle realtà lavorative?
 
Per rispondere a queste domande, diamo la possibilità ai nostri lettori di visualizzare integralmente l’intervista -  realizzata il 19 marzo 2015 nella sede del convegno – o di leggerne una parziale trascrizione.
 
 

 
 
 
Intervista e articolo a cura di Tiziano Menduto
 
 
Il concetto da lei espresso di cultura della sicurezza d’impresa porta con sé una visione sistemica, di integrazione delle funzioni, che è un po’ il tema del convegno. Integrazione che si collega ad una frase, che lei ha citato, e che indica che “l’organizzazione della sicurezza coincide nelle aziende con l’organizzazione della produzione”...
 
Carlo Galimberti:  Questa è una frase che prendo a prestito da un collega e un amico, Francesco Bacchini, che occupandosi di normativa e di organizzazione sulla base della normativa sulla sicurezza, ha più volte detto e scritto che per lui organizzare la produzione e organizzare la produzione in sicurezza non sono due operazioni diverse che si aggiungono una all’altra, ma sono la stessa cosa.
Quindi in questo senso parlare di organizzazione del processo produttivo in sicurezza diventa un modo per parlare della organizzazione della produzione tout court. E la cultura centra con il convegno di oggi perché la cultura è ricerca del senso, costruzione del senso, ma anche costruzione dei legami. In questo caso il legame tra due funzioni molto importanti. Quelle del mondo Safety e del mondo HR, all’interno dell’organizzazione.
E riguardo all’esito del pomeriggio mi sembra che negli interventi fatti il suffisso “co-“ - collaborazione, condivisione, ma anche competizione dove la competizione era intesa come un valore -  ricorresse molto spesso. Nel senso che se oggi sappiamo benissimo che nulla si può fare nella aziende, soprattutto nelle aziende medio-grandi, da soli, cioè senza collaborare con interlocutori, diventa ancora più importante per le tematiche che hanno a che fare con la sicurezza – se ci muoviamo in quella prospettiva della costruzione della cultura della sicurezza d’impresa – riconoscere almeno la necessità dell’interfaccia con chi si occupa di relazioni nella gestione delle risorse umane.
 
Mi pare che nel convegno siano stati portati esempi positivi di questa collaborazione tra Safety e HR. Hanno portato anche qualche esempio di criticità...
 
CG: Direi che abbiamo avuto esempi di diverse modalità di rapporto.
Esempi di coppie assolutamente sintoniche, di chi lavora [insieme] dalla fase della percezione del bisogno alla fase della progettazione dell’intervento, della gestione e della valutazione dell’intervento. Addirittura con degli scambi virtuosi di risorse da uno all’altro. Uno dei casi visti riguardava il prestito di risorse dalla Safety, in termini di formatori, all’HR, per parlare di questioni che riguardavano la sicurezza fuori dal contesto della sicurezza.
Abbiamo avuto esempi di coppie collaboranti ma distinte. Coppie che lavorano insieme e che sanno che l’uno è fattore critico per l’altro. Ma che a volte o vivono dei conflitti di competenza (...) oppure lavorano insieme ma mantengono distinti i momenti della verifica o momenti di gestione.
Terza modalità in cui si vorrebbe andare verso  la collaborazione, ma non si riesce ancora a farlo. Oppure lo si fa sulla base delle spinte dall’esterno. Ad esempio una nuova normativa, una esigenza particolare.
E’ ovvio che non tutte le realtà organizzative possono essere allineate al massimo dei risultati possibili. La fenomenologia è varia. Detto questo, è bene che ci si ponga il problema. (...)
 
 
Nel convegno qualcuno ha detto che questa collaborazione può anche costruire “senso”...
CG: Ci sono ricercatori che si occupano di studi organizzativi che pongono il senso al centro di tutta la struttura organizzativa, forse esagerano un po’ (...) ma comunque questo rimane assolutamente importante. Parlare di senso nelle azioni organizzative significa aprire una dimensione altra rispetto a quello del livello di lettura puramente materiale. Le persone vanno a lavorare certo per sbarcare il lunario, per portare a casa ciò che a loro serve per poter vivere e in alcuni casi purtroppo sopravvivere, però sappiamo benissimo che per raggiungere le performance organizzative non basta questo. Ci vuole altro. C’è gente che si riduce a “vado, faccio quello che c’è il mansionario, mi faccio accreditare lo stipendio” e finisce lì. Non è così. Non capiremmo perché ci sono persone che si sentono mobbizzate, perché ci sono persone che vivono ai margini della realtà organizzativa pur avendo potenzialità molto elevate. Non capiremmo nemmeno perché ci sono persone che invece vivono la loro esperienza lavorativa fino a sacrificare la vita fuori.
Sono dinamiche psicologiche che, più che la sicurezza, l’HR deve tenere in considerazione e deve saper gestire. Mi trovo d’accordo con chi ha detto che la dimensione del senso e soprattutto della costruzione del senso è fondamentale nel funzionamento organizzativo: senza una costruzione congiunta del senso, non andiamo da nessuna parte. (...)
 
 
 
 
 

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Rispondi Autore: Massimiliano Rizzo - likes: 0
26/03/2015 (13:02:23)
Ho trovato, da insegnante, questo articolo molto interessante e condividendo appieno che la cultura della sicurezza non è solo nozionismo puro calato dall'alto ma Cultura profonda che deve unire i lavoratori e renderli consapevoli de i loro diritti e doveri. Mi viene in mente il Discorso ai lavoratori di Adriano Olivetti, in cui il grande industriale spiega che l'impresa, il lavoro è fatto da lle persone in carne ed ossa e dal "clima" che si genera. Brunello Cucinelli sostiene che "la stima crea responsabilità che a sua volta genera creatività".
Bravi
Massimiliano Rizzo

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