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Imparare dagli errori: quando si cade dall’alto senza un casco

Imparare dagli errori: quando si cade dall’alto senza un casco
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

29/09/2016

Esempi di infortuni correlati al mancato o errato uso di dispositivi di protezione della testa. Le conseguenze di cadute dall’alto dei lavoratori in assenza di casco protettivo. La dinamica degli infortuni e le informazioni sui dispositivi di protezione.


Brescia, 29 Sett – Nel mondo del lavoro le cadute dall’alto sono purtroppo frequenti e portano spesso a conseguenze gravi per i lavoratori. Cadute che possono avvenire anche da altezze non eccessive, ad esempio da una scala, un palo, un albero, insomma in situazioni in cui la protezione della testa potrebbe ridurre la gravità dell’infortunio.

 

Continuiamo dunque oggi il nostro viaggio di “Imparare dagli errori”, la rubrica che PuntoSicuro dedica al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, attraverso le conseguenze relative all’uso errato o mancato uso dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) nei luoghi di lavoro. E dopo aver analizzato nelle scorse puntate l’importanza degli occhiali di protezione e dei guanti,  riprendiamo a parlare di protezione della testa.

E lo facciamo con particolare riferimento ad infortuni avvenuti con cadute dall’alto in assenza di casco protettivo e, dunque, con aggravamento delle conseguenze della caduta.



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I casi

Il primo caso riguarda un infortunio avvenuto nella rimozione di pali della linea telefonica.

Un lavoratore è impegnato con altri due colleghi a rimuovere dei vecchi pali in legno di una linea telefonica. La prassi generale prevede che chiunque deve arrampicarsi su di un palo, deve preventivamente saggiarlo alla base con un attrezzo chiamato saggiapalo.

L'infortunato raggiunge la cima del palo senza averlo saggiato alla base e sbullona tutti i perni di ancoraggio del palo stesso al contropalo ed alle traverse.

Così facendo il palo, di fatto, si è liberato da qualsiasi ancoraggio e, poiché alla base la parte interrata era completamente marcia e corrosa, crolla trascinandosi il lavoratore che vi è legato con cintura e ramponi e che cade all'indietro, con il palo addosso, riportando traumi diffusi.

 

Questi i fattori causali riportati nella scheda:

- “saliva su di un palo senza verificarne la stabilità;

- palo in legno con base interrata marcia;

- mancato uso del casco”.

 

Il secondo caso riguarda un infortunio avvenuto ad un lavoratore specializzato nell'installazione e manutenzione di attrezzature elettriche.

Un lavoratore opera in una piazza per scollegare dalla presa la spina elettrica su un quadretto installato (dallo stesso operatore) sulla parete di un edificio, ad un'altezza dal suolo di circa 3 metri.

Per eseguire tale operazione il lavoratore utilizza una scala di altezza circa 1,90 m e dopo essere salito fino a circa metà altezza, mentre cerca con una mano di recuperare il cavo che è sopra l'ingresso di un locale pubblico, con l'altra mano cerca di farlo scendere a terra. In quel momento però la spina collegata la cavo si libera dalla presa e facendogli perdere l'equilibrio, il lavoratore cade a terra urtando la testa.

La scala non era sorretta, non veniva utilizzato altro sistema anticaduta e non si indossava il casco.

E tra i fattori causali si sottolinea anche l’errore procedurale dell’infortunato che “con una mano recuperava il cavo e con l'altra cercava di farlo scendere a terra”.


Anche il terzo caso riguarda un infortunio avvenuto con attività su apparecchiatura elettrica: la sostituzione di una lampada di emergenza.

Un lavoratore autonomo è stato chiamato per sostituire una lampada di emergenza posta sopra un portone all'interno di un maglificio. Vicino alla verticale della lampada c’è una macchina da maglieria che non permette l'utilizzo di un trabattello e lo spazio interno al laboratorio non permette l'accesso ad una PLE.

Il lavoratore decide di utilizzare un elemento di una scala a pioli che però deve posizionare con un'inclinazione superiore a quelle previste dalle buone prassi per poter scavalcare la macchina. Sale sulla scala senza vincolarla o farla trattenere al piede da altro operatore pur essendo questa particolarmente inclinata. Quando si trova nella posizione di lavoro, ad un'altezza di circa 4 metri, la scala scivola via e lui cade a terra sbattendo sulla pavimentazione. La scala era marcata CE e a norma. Il lavoratore non indossava il casco durante il lavoro. Il decesso avviene dopo circa 2 ore dall'evento.

 

La prevenzione

In questo “Imparare dagli errori” non ci soffermiamo sulle cause reali degli infortuni, spesso correlati a comportamenti errati o alla mancanza di protezioni anticaduta, ma sulla mancanza di protezioni adeguate per la testa.

 

Per conoscere questi dispositivi di protezione del capotorniamo a fare riferimento al progetto multimediale Impresa Sicura - elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e Inail - che è stato validato dalla Commissione Consultiva Permanente per la salute e la sicurezza come buona prassi nella seduta del 27 novembre 2013. Progetto che ha prodotto diversi materiali relativi alla prevenzione in molti comparti lavorativi (metalmeccanica, cantieristica navale, lavorazione del legno, calzature, ...) e una raccolta dettagliata di informazioni sui Dispositivi di Protezione Individuale nel documento “ ImpresaSicura_DPI”.

 

Nella scorsa puntata di “ Imparare dagli errori” ci siamo soffermati in particolare sulla differenza tra due DPI:

- elmetto di protezione per l’industria: lo scopo primario ‘è quello di proteggere la parte superiore della testa dell’utilizzatore contro lesioni che possono essere provocate da oggetti in caduta - UNI EN 397;

- copricapo antiurto per l’industria: destinato a ‘proteggere la testa dell’utilizzatore dalle lesioni causate da un urto della testa contro oggetti duri e immobili - UNI EN 812.

 

Vediamo ora di conoscere meglio i due dispositivi:

- l’elmetto di protezioneper l’industria: “deve comprendere almeno una calotta e una bordatura. I materiali utilizzati devono essere di qualità durevole, ossia le loro caratteristiche non devono subire alterazioni apprezzabili per effetto dell’invecchiamento o modo di impiego ai quali l’elmetto è normalmente soggetto (esposizione al sole, alla pioggia, al freddo, alla polvere, a vibrazioni, contatto con la pelle, col sudore o con prodotti applicati sulla pelle e sui capelli)”. La calotta – che “dovrebbe coprire la parte superiore della testa e scendere almeno fino al livello del bordo superiore della fascia sulla parte frontale dell’elmetto” - dovrebbe avere “una resistenza la più uniforme possibile e non dovrebbe essere rinforzata maggiormente in alcun punto”. Il documento riporta anche informazioni sulla possibilità di eventuali aumenti dello spessore della calotta, sul comfort dei lavoratori (è ad esempio raccomandata l’aggiunta di una fascia antisudore) e altri dettagli;

- il copricapo antiurto per l’industria: deve essere “dotato di mezzi in grado di assorbire l’energia di un impatto”. E anche in questo caso i materiali utilizzati dovrebbero essere di qualità durevole. Il copricapo antiurto dovrebbe essere “progettato in modo da permettere la massima regolazione della bardatura nella calotta al fine di ottimizzare il comfort dell’utilizzatore. Qualsiasi dispositivo applicato al copricapo antiurto dovrebbe essere progettato in modo da non causare lesioni al portatore in caso di incidente. In particolare, all’interno del copricapo antiurto non ci dovrebbero essere sporgenze metalliche o rigide tali da poter causare lesioni. Nessuna parte del copricapo antiurto dovrebbe avere spigoli vivi sporgenti. Quando la bardatura è fissata alla calotta mediante cuciture, queste dovrebbero essere protette contro l’abrasione”.

 

Concludiamo ricordando che in relazione ai fattori di rischio per il capo la testa è esposta a “danni derivanti da rischi, che possono insorgere nelle applicazioni professionali, quali rischi di natura meccanica, termica, elettrica, chimica” e non è improbabile “la circostanza in cui si riscontri la contemporanea presenza di due o più rischi”.

 

 

 

Sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 979, 891 e 4048 (archivio incidenti 2002/2010).

 

 

Tiziano Menduto



Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: Paolo Barbetta - likes: 0
29/09/2016 (08:11:26)
Sarebbe meglio non scrivere che la scala risultava regolarmente marcata CE; tutto l'articolo perde di credibilità.
Come noto le scale per uso nei luoghi di lavoro sono marcate conformi o al D.Lgs. 81/08 o alla norma UNI EN 131.
Rispondi Autore: Silvano Sartori - likes: 0
29/09/2016 (08:53:54)
Dato che durante la caduta è molto probabile la perdita del casco, se non è correttamente allacciato, c'è qualche riferimento nella normativa tecnica relativo al sottogola?
Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0
29/09/2016 (09:31:49)
Non c'è la norma: di fatti la citazione sulle caratteristiche del casco protettivo non lo riporta.
E nemmeno è citato nell'articolo e nelle sentenze: basta che sia sulla testa "prima" dell'incidente !!
Fanno convegni e studi e relazioni, ma non sono mai stati in cantiere.

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