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Imparare dagli errori: il rischio stress nei call center

Imparare dagli errori: il rischio stress nei call center
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

02/10/2014

“Imparare dagli errori” si sofferma sul rischio stress lavoro correlato nei call center attraverso un caso presentato in un seminario. La storia di Anna, il mondo dei call center, le conseguenze dello stress e spunti per la prevenzione del rischio.

Brescia, 2 Ott – Concludiamo con questo articolo il breve percorso della rubrica “Imparare dagli errori” attorno al tema dei rischi psicosociali e dello stress lavoro correlato, anche in relazione alla campagna europea “ Insieme per la prevenzione e la gestione dello stress lavoro correlati”, di cui PuntoSicuro è  media partner.
 
Questa volta ci occupiamo in particolare di un’attività, quella dei call center.
Infatti ormai, con un incremento annuale che raggiunge e supera il 30% dei volumi delle chiamate e il 20% del numero degli occupati, i call center rappresentano una delle forme di impiego a maggiore crescita in tutto il mondo.
E con riferimento a una  ricerca realizzata dalla CGIL in collaborazione con l’INAIL emerge una nuova fatica del lavorare: “la ripetitività e il considerevole carico di lavoro generano elevati livelli di stress. L’utilizzo di postazioni riparate e protette per contrastare le interferenze ambientali implica l’isolamento sociale degli operatori”.

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Per presentare un esempio di rischio stress nei call center riprendiamo un caso raccontato negli atti del seminario “ La comunicazione tra il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e il medico competente” organizzato a Firenze il 30 gennaio 2014; gli atti sono stati pubblicati sul Bollettino dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza “ Toscana RLS” (Anno VI, numero 1).
 
Il caso
Nella prima sessione del seminario (la comunicazione necessaria: esempi in rischi emergenti) è stato presentato l’intervento, a cura di Filippo Bellandi, dal titolo “Stress da lavoro correlato: la storia di Anna”.
 
Anna – racconta l’intervento – “entra nel call center, la accoglie una grande aula rumorosa dove una cinquantina di colleghi stanno parlando ad alta voce per farsi sentire dal cliente all’altro capo del telefono. Il team leader di turno gli si avvicina facendo notare che il tasso di produzione del giorno precedente è stato troppo basso e le consiglia paternamente di fare meglio per evitare richiami da parte aziendale. Anna siede in postazione accende il PC, il collega a fianco fa un cenno con la mano, è in chiamata, non può salutarla perché calerebbe la produzione. Le chiamate cominciano a susseguirsi senza soluzione di continuità, non tutti i clienti sono gentili quando vuoi vendergli una carta di credito mentre hanno un piatto di pasta di fronte, ma Anna prova e riprova nel tentativo di piazzare il prodotto e qualche volta ci riesce. A metà turno comincia a perdere la pazienza, nel mentre il ‘cruscotto sul PC’ che indica la produzione giornaliera è in rosso e dentro cresce inevitabile una certa ansia. Dopo poco il Team Leader le si avvicina, vede il cruscotto rosso inserisce lo spinotto della sua cuffia sul pc e comincia a ascoltare la chiamata per dieci lunghi minuti di tensione durante i quali lei suda freddo incespicando tra le parole dello script. Lo chiamano affiancamento ma Anna non si sente per niente sostenuta. Alla fine del turno il Team Leader la chiama di nuovo per dire che deve migliorare perché le sue prestazioni non riescono neanche a ripagare il costo del suo stipendio. Tornando a casa ha mal di testa e si sente agitata, si ripete che tra due o tre ore starà meglio. Passano due settimane e il call center manager la chiama a colloquio e le consegna una lettera.
C’è scritto che in una chiamata di controllo ha sbagliato le parole del saluto e non ha l’ordine nel quale vanno lette tutte le informazioni, per questo le chiedono giustificazioni scritte del suo lavoro negligente. Anna sale al piano di sopra deve iniziare a lavorare ma non ce la fa, sta tremando, ha voglia di piangere o di spaccare tutto. Questa volta giura che se ne andrà nonostante l’asilo da pagare e la rata del mutuo. Scende le scale monta in auto e si dirige verso casa”.
 
Le riflessioni
Probabilmente, come indica il relatore, raccontare lo stress è “il modo migliore per far capire l’importanza della valutazione dello stress lavoro correlato”. Intorno allo stress c’è una “certa dose di sottovalutazione e diffidenza e poi c’è il punto di vista di molti datori di lavoro che ritengono una forma di eustress (il cosiddetto stress ‘positivo’, ndr) qualsiasi forma di pressione sui lavoratori, ma lo stress per essere positivo deve essere sostenibile”.
E comunque lo stress o meglio l’eccesso di stress “ha effetti concreti sulla vita dei lavoratori e sulla qualità del lavoro” e negli atti dell’intervento pubblicati sul bollettino “Toscana RLS”, che vi invitiamo a visionare integralmente, sono indicati alcuni possibili disturbi che può provocare un eccesso di stress prolungato nel tempo.
Senza dimenticare che lo stress lavoro correlato ha anche un costo lavorativo.
I datori di Lavoro dei call center “che lamentano atteggiamenti di ‘fuga’ dal lavoro (assenteismo cronico, ritardo cronico, pause prolungate,) o decremento della performance o difficoltà nelle relazioni interpersonali (incapacità di collaborare con i team leader, rifiuto delle regole) spesso rifiutano aprioristicamente l’idea che si possa trattare di problemi legati allo stress. Per loro è più facile parlare di fannulloni ed invocare sanzioni e libertà di licenziamento rispetto a ripensare l’organizzazione del lavoro nell’ottica di una riduzione dello stress che sarebbe luogo funzionale anche al miglioramento delle prestazioni dei lavoratori”.
 
Spunti per la prevenzione del rischio
Il relatore sottolinea che bisogna pensare al mondo dei call center in modo diverso da dieci anni fa. Non è più il luogo di lavoro in cui transitavano per poco tempo giovani studenti in cerca di prima occupazione: ci sono oggi “uomini e donne che hanno imperniato la propria vita su questa attività e che con questa attività andranno in pensione dopo decenni di lavoro”.
Queste alcune proposte riportate nella relazione per la riduzione dello stress:
- “partecipazione attiva dei lavoratori alla definizione dello script (del testo, ndr). A parità di contenuti la forma con la quale vengono proposti può fare la differenza”;
- creazione di spazi e tempi di condivisione collettiva anche al di fuori dell’orario di lavoro;
- formazione sulla corretta tipologia di leadership da esercitare da parte di capi team;
- possibilità di crescita professionale e riconoscimento anche economico della qualità del proprio lavoro;
- obbligo dei datori di lavoro ad una valutazione dello stress che renda partecipi della valutazione i lavoratori”.
L’intervento di Filippo Bellandi si conclude ricordando che “cercare una strategia di intervento per la riduzione dello stress è una leva per l’aumento della produttività dell’azienda oltre che per il miglioramento del benessere dei lavoratori”: vedere la sicurezza come un costo “è una strategia miope e senza prospettiva”.
 
Ricordando che i call center sono particolarmente soggetti anche ad altri rischi, ad esempio correlati all’uso del videoterminale e alla presenza di rumore, riprendiamo il tema del riconoscimento dello stress lavoro correlato attraverso il contenuto di un documento pubblicato sul sito della campagna straordinaria di formazione VIVERSICURA, campagna promossa dall’Assessorato alle Politiche della Formazione della Regione Veneto.
Il documento, dal titolo “ Lo stress da lavoro correlato, normative e sistemi di prevenzione e tutela del lavoratore”, relativo ad una lezione svolta da Paolo Campanini per la Fondazione Giacomo Rumor Centro Produttività Veneto ( CPV), offre un breve riepilogo sullo stress lavorativo, presenta i principali modelli relativi allo stress lavoro-correlato, affronta le possibili conseguenze dello stress e dà indicazioni su come valutarlo.
 
Lo stress “è parte di un sistema complesso e dinamico di interazione dell’individuo con il proprio ambiente (e quindi dipendente dal significato attribuito allo stimolo sulla base di processi percettivi individuali)”.
E quando lo stress diventa un problema?
Queste le risposte di alcuni ricercatori:
- “le richieste della situazione sono eccessive rispetto alla capacità dell’individuo di gestirle;
- la persona sovrastima le richieste o sottostima le proprie capacità;
- la persona esagera le conseguenze che potrebbero verificarsi se non riuscisse a gestire le richieste;
- la persona prova a gestire le situazione con modalità inefficienti o disfunzionali;
- paure, inibizioni, credenze, aspettative impediscono alla persona di utilizzare le proprie capacità;
- la persona non ha un adeguato sistema di supporto;
- paure inibizioni credenze aspettative impediscono alla persona di utilizzare il proprio sistema di supporto”.
 
Il documento riporta, in relazione allo stress, un lungo elenco di manifestazioni fisiche-emotive-cognitive (mal di testa, disturbi del sonno, disturbi muscolo scheletrici, disturbi respiratori e digestivi, riacutizzarsi di malattie già presenti, difficoltà a concentrarsi e a prendere decisioni, alterazioni cutanee, preoccupazione, pensieri negativi persistenti, incubi, umore depresso, errori frequenti, perdita di entusiasmo, perdita di fiducia e autostima, ansia o insicurezza, rabbia o irritabilità, ridotta motivazione, insoddisfazione lavorativa, esaurimento, …) e ricorda altre conseguenze sulla salute a medio-lungo termine (patologie cardiovascolari, patologie gastrointestinali, patologie cutanee, disfunzioni metaboliche, disfunzioni ormonali, patologie immunitarie, disturbi psicologici, disturbi cronici del sonno, …).
Sono indicate anche le possibili conseguenze dello stress sull’organizzazione:
- “aumento dei costi per assenteismo;
- aumento del turnover non fisiologico;
- aumento delle inidoneità;
- aumento degli infortuni (denunce inail);
- aumento degli incidenti;
- ridotta produttività;
- declino nella qualità dei prodotti e del servizio;
- ridotta capacità di rinnovamento;
- ridotta immagine sociale dell’organizzazione”.
 
Concludiamo ricordando alcuni degli articoli di PuntoSicuro dedicati al mondo dei call center:
 
 
Tiziano Menduto
 
 
 
 
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