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Decreto RSPP: luci ed ombre (2/2)

(La prima parte dell’articolo è consultabile nel n.816 di PuntoSicuro)

Il dott. Casano di Confindustria ha espresso perplessità nei confronti della scelta di aver definito le stesse capacità sia per gli RSPP interni sia per quelli esterni.
L’RSPP esterno infatti è chiamato ad operare in realtà diverse, con rischi diversi, mentre per l’RSPP interno i rischi sono solo quelli della realtà in cui opera.
Riguardo ai corsi di formazione che dovranno seguire gli RSPP che già svolgono questa funzione da più di sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, il dott. Casano ritiene questa prescrizione introdotta dal Decreto RSPP eccessiva nei confronti di coloro che hanno già seguito specifici corsi di formazione, e riterrebbe opportuna una sorta di equiparazione dei corsi già seguiti con i nuovi corsi.

Il tema del riconoscimento dei corsi e dei master già effettuati dagli RSPP è stato al centro degli interventi della platea.
Non vale nulla l’ esperienza di lavoro decennale nel campo della sicurezza, l’aver seguito master e corsi di aggiornamento?
Certamente è servito a svolgere bene la professione, ha sottolineato il Prof. Lepore, ma il nuovo decreto ha preferito “mortificare” bravi professionisti, richiedendo la partecipazione a nuovi corsi di formazione con verifica dell’apprendimento, piuttosto di correre il rischio che, espandendo al massimo la norma transitoria abilitando tutti coloro che svolgevano già la funzione di RSPP, potessero continuare a svolgere la funzione di RSPP anche persone incompetenti,.

La dott.ssa Bendettini della CGIL tra gli aspetti positivi del decreto ha evidenziato l’accenno alla formazione continua; è richiesta infatti agli RSPP un aggiornamento quinquennale. Anche se nei fatti la funzione di RSPP richiede aggiornamenti più frequenti, al passo con l’evoluzione della normativa e dei processi produttivi.
Inoltre ha apprezzato che agli RSPP siano richieste capacità relazionali e di coordinamento.

Tuttavia ha individuato carenze nella parte attuativa, cioè nei corsi di formazione. Secondo la dott.ssa Bendettini, le regioni si sono assunte un compito impari, una responsabilità eccessiva: “Quanto tempo passerà prima che verranno individuati i soggetti idonei ed i criteri?”.
Inaccettabile ritiene inoltre il fatto che i datori di lavoro per i quali è consentito lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi (art. 10 del D.Lgs. 626/94) non siano stati introdotti ulteriori obblighi di formazione rispetto a quelli già previsti dal D.Lgs. 626/94.
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