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No alle rilevazione delle impronte digitali dei praticanti avvocati

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Privacy

14/02/2008

Il Garante della privacy impone precise limitazioni all’installazione dei sistemi biometrici di rilevazione delle impronte per disciplinare gli ingressi in aula di praticanti avvocati che seguono i corsi di formazione forense. Il caso di Santa Maria Capua

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Il 10 ottobre del 2007 alcuni praticanti avvocati di S. Maria Capua Vetere hanno presentato al Garante della privacy una segnalazione in merito alla predisposizione, da parte del Consiglio locale dell'Ordine degli avvocati, di un sistema di rilevazione di dati personali biometrici mediante il prelievo dell'impronta digitale, con finalità di verifica della presenza dei praticanti avvocati alle lezioni tenute presso la Scuola di formazione forense.
 
Secondo il Consiglio, questa rilevazione era giustificata dalla necessità di disporre di un controllo degli accessi volto a evitare "assembramenti" e "intrusioni di estranei" verificatisi in occasione di "furti ed atti vandalici con danno ai corsisti e danneggiamento delle strutture", nonché di asseriti "abusivi scambi di tesserini" da parte di praticanti.
 
Tuttavia il Garante della privacy, che già in passato era intervenuto sull’opportunità di utilizzare questo sistema di riconoscimento,  a fine gennaio ha di fatto fermato l’installazione di sistemi biometrici di rilevazione delle impronte da parte del Consiglio. Il sistema è considerato sproporzionato rispetto ai fini che intende perseguire.
 
Il tutto è stato deciso con un provvedimento del 23 gennaio 2008, di cui è stato relatore Mauro Paissan, che vieta al Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Santa Maria Capua Vetere il trattamento, in qualunque forma, dei dati biometrici dei praticanti ed ha avviato un’istruttoria per verificare se vi siano i presupposti per contestare le violazioni concernenti irregolarità nell’informativa e la mancata notificazione all’Autorità prevista in questi casi dalla legge.
 
 


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Nel disporre il divieto il Garante, pur riconoscendo al Consiglio dell’Ordine il compito di verificare la effettiva partecipazione dei praticanti alla Scuola, ha constatato che il trattamento effettuato era illecito perché non conforme ai principi di necessità e proporzionalità.
 
L’uso delle impronte digitali – afferma il Garante - se può essere giustificato per obiettive e documentate esigenze di sicurezza di beni e persone in situazioni di elevato rischio, non può invece ritenersi lecito per generiche esigenze di sicurezza e di ausilio al rispetto delle regole scolastiche.
 
Verifiche più rispettose della sfera personale degli individui possono essere disposte, ad esempio, attraverso l’utilizzazione di tesserini magnetici o controlli “a vista” dei partecipanti.
 
Il trattamento, inoltre, è stato ritenuto non proporzionato anche “in considerazione delle specifiche modalità tecniche prefigurate”: la centralizzazione in un unico archivio dei codici identificativi derivati dall’esame delle impronte. Un sistema meno invasivo avrebbe potuto essere, in alternativa, la “memorizzazione del codice identificativo su un supporto che resti nell'esclusiva disponibilità dell'interessato”, ad esempio un badge.
 
Non idonea anche l’informativa che si limita a delineare solo le finalità del trattamento, senza includere gli altri elementi prescritti dalla legge.
 
Irregolare, infine, la mancata predisposizione di un sistema alternativo di ingresso in aula per chi non potesse o non intendesse acconsentire alla rilevazione delle impronte.



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