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La Cassazione su committente, datore di lavoro e appaltatore

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Datore di lavoro

06/04/2009

D.Lgs. n. 81/08, art. 26: il trasferimento del rischio al subappaltatore può avvenire solo ove i lavori siano subappaltati per intero e ove possa escludersi qualsiasi ingerenza del subcommittente nei confronti del subappaltatore. A cura di G. Porreca.

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Commento a cura di G. Porreca (www.porreca.it).
 
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Da questa sentenza della Corte di Cassazione deriva un utile insegnamento per l’applicazione dell’art. 26 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, e sul rapporto fra il committente datore di lavoro e gli appaltatori e subappaltatori che vengono chiamati ad operare nella propria azienda per quanto riguarda la responsabilità nel caso di una mancata applicazione delle norme di sicurezza sul lavoro. Viene intanto ribadito un principio già espresso dalla stessa Corte di Cassazione con la sentenza n. 31459 del 3/7/2002 in base al quale gli obblighi del committente rispetto agli appaltatori sono estesi al rapporto fra il subappaltante ed il subappaltatore e viene, altresì, confermato che il committente (nel caso della sentenza il subcommittente) è ex lege il coordinatore della cooperazione con l’appaltatore (nel caso della sentenza il subappaltatore) e deve rendersi conto di un eventuale insufficiente contributo tecnico fornito dall’appaltatore nonché cooperare con questi perché di fatto le condizioni di lavoro siano sicure, con la conseguenza quindi che in caso di sinistro l’eventuale mancato apprestamento delle misure di sicurezza non può che essere ascritto  a entrambi perché garanti e destinatari degli obblighi di sicurezza sul lavoro.
 
L’infortunio preso in esame nella sentenza si è verificato nell’ambito dei lavori di impermeabilizzazione di alcuni fabbricati ed a seguito della caduta di un lavoratore dall’altezza di sette metri attraverso una apertura di metri 2 per 0,70 cm risultata sprotetta. Per l’infortunio, che ha avuto un esito mortale, prima il Tribunale e poi la Corte di Appello avevano condannato per omicidio colposo sia il responsabile legale che il responsabile della sicurezza della ditta appaltatrice ed avevano loro contestato le violazioni di cui all’art. 12 comma 3 del D. Lgs. n. 494/1996 (obbligo per le imprese appaltatrici di attuare quanto previsto dai piani di sicurezza e coordinamento) ed all’art. 68 del D.P.R. n. 164 del 1956 (prescrizione secondo cui le aperture dei solai devono essere circondate da parapetto e tavola fermapiede, oppure coperte con tavolato solidamente fissato).
 
I lavori di impermeabilizzazione erano stati affidati dal committente alla ditta appaltatrice che a sua volta li aveva in parte trasferiti, per quanto riguarda in particolare la messa in opera di alcune guaine impermeabilizzanti, ad una ditta subappaltatrice alle cui dipendenze operava il lavoratore infortunato.
 
A propria difesa gli imputati hanno sostenuto di non aver assunto nella circostanza  nella loro qualità di appaltatori nessuna posizione di garanzia rispetto alla ditta subappaltatrice in quanto questa operava in piena autonomia ed inoltre avevano fatto notare che la responsabilità dell’accaduto andava attribuita al datore di lavoro dell’infortunato per aver omesso di disporre le misure di protezione delle aperture. Il committente, ancora, aveva fatto redigere per i lavori in oggetto un piano di sicurezza e di coordinamento ed aveva anche designato un coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione con il compito di verificare con opportune azioni di coordinamento l’applicazione del piano medesimo.
 
La Corte di Appello non si è detta d’accordo con le osservazioni formulate dagli imputati in quanto era risultato, invece, che la ditta subappaltatrice non operasse in piena autonomia e prestasse solo attività di mera manodopera oltre al fatto che gran parte del materiale e delle attrezzature utilizzate appartenessero alla ditta appaltatrice. Dalle indagini era risultato, altresì, che la ditta appaltatrice avesse fornito in opera delle indicazioni sui lavori da effettuare tant’è che la mattina stessa dell’infortunio il responsabile della ditta appaltatrice si era recato in cantiere per sollecitare la posa in opera delle guaine senza formulare peraltro osservazioni sulla mancata protezione delle aperture. Osservava, inoltre, la Corte di Appello che alla ditta subappaltatrice era stato affidato nella circostanza solo la messa in opera delle guaine di materiale impermeabilizzante e che comunque all’appaltatore era rimasto un effettivo potere di ingerenza nel processo lavorativo.  
 
Gli imputati avverso la sentenza della Corte di Appello hanno fatto ricorso alla Corte di Cassazione che li ha però rigettati confermando la condanna già a loro inflitta.
 
La Suprema Corte ha fatto osservare in merito che stante il carattere accessorio e specialistico del contratto stipulato con la ditta subappaltatrice che riguardava la opere di messa in opera di pannelli e rotoli di materiale impermeabilizzante, accessorie alla lavori di impermeabilizzazione delle coperture degli edifici commissionati alla ditta appaltatrice dal committente, i responsabili della ditta stessa mantenevano i poteri direttivi generali ed in effetti li esercitavano realmente seguendo le varie fasi di installazione del materiale impermeabilizzante che veniva fornito tra l’altro dalla ditta stessa. La Corte ha quindi ricordato quanto già affermato dalla Corte di Appello e ribadito “il principio secondo cui il trasferimento del rischio a carico del subappaltatore possa avvenire soltanto ove i lavori siano subappaltati per intero, cosicché non possa darsi alcuna ingerenza del subcommittente in confronto del subappaltatore” mentre nel caso in esame alla ditta subappaltatrice dalla quale dipendeva l’infortunato erano stati subappaltati solo i lavori di messa in posa sul tetto del fabbricato di pannelli e rotoli di materiale impermeabilizzante.
 
Un'esclusione della responsabilità dell'appaltatore” ha precisato la Sez. IV, “è configurabile solo qualora al subappaltatore sia affidato lo svolgimento di lavori, ancorché determinati e circoscritti, che svolga in piena ed assoluta autonomia organizzativa e dirigenziale rispetto all'appaltatore, e non nel caso in cui la stessa interdipendenza dei lavori svolti dai due soggetti escluda ogni estromissione dell'appaltatore dall'organizzazione del cantiere”.
 
Quindi ha proseguito la suprema Corte “qualora, come nel caso di specie, per la natura e le caratteristiche dell'attività commissionata, questa non si possa svolgere in una zona o in un settore separato, coinvolgente solo i dipendenti dell'appaltatore (ovvero del subappaltatore), il committente, il quale è ex lege il coordinatore della cooperazione, deve essere in grado di rendersi conto dell'insufficiente contributo tecnico dell'appaltatore medesimo e cooperare perché, di fatto, le condizioni di lavoro siano sicure con la conseguenza che, verificatosi un sinistro, l'eventualmente inadeguato apprestamento delle misure precauzionali non può non essere ascritto ad entrambi perché garanti, destinatari dell'obbligo di predisporre sicure condizioni di lavoro”.
 
Tra l’altro, ha sostenuto ancora la Corte di Cassazione, “non è da accettare la tesi difensiva prospettata (dai ricorrenti) perché, nella specie, non si discute di rischi specifici propri dell'attività oggetto del subappalto, essendo il pericolo derivante dalla mancata protezione dell'ambiente di lavoro riconoscibile da chiunque, senza necessità di una specifica competenza tecnica settoriale, ed essendo la sentenza impugnata coerente ai principi fissati dalla Suprema Corte, peraltro anche con la sentenza n. 45068 del 30/3/2004, RV 230279, e con quelle n. 2748 del 23/1/1998, RV 210174, e n. 32943 del 27/5/2004, Rv 229084” 
 
“Correttamente, quindi”, ha concluso la Sez. IV, “è stata riconosciuta la sussistenza a carico dei ricorrenti dell'obbligo in ordine all'attuazione di quelle misure volte a garantire la sicurezza del lavoro e la protezione dai rischi: e, quindi, una loro posizione di garanzia e di controllo acché le misure di prevenzione fossero rigorosamente adottate”. 
 
 



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