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Le morti per tumore nelle attivita' lavorative

Il DoRS presenta uno studio inglese per stimare il carico di tumori attribuibili a fattori di rischio presenti nell’ambiente di lavoro. Quali gli agenti cancerogeni, i comparti e le professioni più a rischio?

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Il Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute (DoRS) della Regione Piemonte in questi anni ha raccolto e presentato diversi studi e ricerche sulla sicurezza sul lavoro realizzati fuori dei nostri confini ma utili ai fini della prevenzione anche sul nostro territorio. È un lavoro prezioso di raccolta e di scelta in un mare di pubblicazioni che rischierebbero altrimenti di passare inosservate, se non agli occhi di pochi studiosi nostrani.
 
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Un interessante studio su cui si è soffermato il DoRS recentemente è “ The burden of cancer at work: estimation as the first step to prevention” pubblicato sull'ultimo numero dell " Occupational and Environmental Medicine" e scritto da L. Rushton, S. Hutchings (Imperial College of London) e T. Brown (Health and Safety Laboratory of Buxton).
 
L’obiettivo di questo studio – secondo quanto indicato nell’articolo di Luisella Gilardi e nella traduzione del DoRS -  era quello di “stimare l’attuale carico di tumori in Gran Bretagna attribuibili a fattori di rischio presenti nell’ambiente di lavoro, identificare gli agenti cancerogeni, i comparti e le professioni per poter orientare verso target specifici le misure di prevenzione del rischio”.
Per farlo è stata analizzata la “mortalità e incidenza per i tumori della vescica, del polmone, cutanei (non melanoma) e naso-sinusali, della leucemia e del mesotelioma”, considerando come fattori causali “gli agenti classificati in classe 1 e 2A dalla Agenzia internazionale per la Ricerca sul Cancro”.
 
I risultati di questa analisi indicano che 78.237 uomini e 71.666 donne sono deceduti nel 2004 a causa di patologie tumorali.
7.317 di questi decessi, il 4.9%, sono “attribuibili a cancerogeni presenti in ambiente di lavoro per le sei sedi tumorali individuate”. Di questi:
- 6.259 erano di sesso maschile (8% del totale dei decessi tra i maschi per tumore);
- 1.058 erano di sesso femminile (1.5% del totale dei decessi tra le femmine).
La stima di incidenza di tumori attribuibile ad attività lavorative è del 4.0%: stima che corrisponde a 13.338 casi di tumore:
- 11.284 (6.7%) tra gli uomini;
- 2.054 (1.2%) tra le donne.
 
Riguardo alle cause specifiche, “l’asbesto contribuisce per più della metà dei decessi, seguito da silice, fumi di scarico provenienti da motori diesel, radon”, attività di verniciatura, oli minerali utilizzati in metalmeccanica e nell’industria della stampa, fumo passivo, attività di saldatura, esposizione a diossina.
Riguardo ai tumori cutanei queste le cause principali:
- radiazione solare (2.557 casi);
- oli minerali (1.867 casi);
- catrame e peci di carbone (550 casi).
 
Inoltre “i settori lavorativi/le professioni a cui sono attribuibili più decessi e/o casi di tumori includono il settore edile, i lavoratori della metalmeccanica, i servizi alla persona e domestici, il settore minerario, il trasporto su strada e altri servizi correlati, il rivestimento di tetti, la riparazione delle strade, la stampa, l’agricoltura, le forze armate”.
 
La conclusione dello studio ricorda che “le stime per tutti i tumori ad eccezione della leucemia sono più alte rispetto a quelle normalmente utilizzate per pianificare le attività di prevenzione in questo campo”.
La differenza può dipendere dalla mancanza di dati precisi e “da problemi di natura metodologica”.
Anche le stime prodotte nello studio sono da considerare “verosimilmente più conservative rispetto al rischio reale”.
Infatti “patologie a lunga latenza come i tumori si riferiscono a esposizioni avvenute negli anni passati a livelli elevati di agenti cancerogeni” e comunque oggi, malgrado i livelli di esposizione siano più bassi, “permangono situazioni critiche per alcune sostanze quali polvere di legno e la silice cristallina”.
 
 
Rushton L, Hutchings S, Brown T.: “ The burden of cancer at work: estimation as the first step to prevention”, Occupational Environmental Medicine, 2008; Vol 65: 789 – 800.
 
 
 
Tiziano Menduto

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