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Riflessioni e commenti dei lettori sull’incidente di Mineo

Raccogliamo alcuni commenti dei nostri lettori in merito all’incidente di lavoro al depuratore Mineo. La formazione insufficiente, l’incapacità d’utilizzo positivo degli errori, i rischi degli impianti di depurazione e le professionalità necessarie.

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Quando avvengono incidenti gravissimi come quelli di Mineoè necessario fermarsi un attimo a riflettere, magari uscendo dall’istinto giornalistico emergenziale della cronaca che evidenzia l’elemento della tragedia (famigliare, locale, politica,...) e non raccoglie elementi utili per un’analisi.
 

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Abbiamo cercato di farlo nel nostro precedente articolo dedicato alla cronaca dell’incidente, ricordando l’aumento degli infortuni nel settore della raccolta, riciclaggio e smaltimento dei rifiuti, indicando le basilari regole di lavoro nei locali a rischio di esalazioni o quelle di autoprotezione dei soccorritori.
 
Non basta. È necessario chiedersi perché gli operai stessero lavorando senza adeguati dispositivi di protezione individuale, perché fossero in uno spazio pericoloso a cui, probabilmente, non dovevano accedere. Più semplicemente dobbiamo chiederci se eventuali errori di comportamento non siano semplicemente e drammaticamente riconducibili alla mancanza di un’idonea informazione, formazione e addestramento per il tipo di lavoro da svolgere.
 
Per ampliare questo spazio di riflessione riportiamo due commenti espressi da lettori: una sottolineatura della necessità di indagini tecniche che siano di riferimento per evitare il ripetersi di incidenti analoghi e un approfondimento, di un esperto del settore, sui rischi dei depuratori.
 
Scritto da Pier Giorgio Confente
Quello che manca nel nostro ordinamento è l'utilizzo dell'errore per imparare.
Ad ogni evento grave l'organo, per altro previsto dal D. Lgs 81, art. 8, "Sistema informativo nazionale", dovrebbe condurre subito una indagine tecnica (quella "penale" è un'altra cosa ed è inutile per apprendere dall'errore) e renderla nota, sia mediante banca dati che mediante comunicazione diretta alle realtà aziendali simili a quella ove è avvenuta la tragedia.
Questo permetterebbe ai responsabili aziendali la verifica delle proprie analisi e procedure di sicurezza ed un adeguamento delle proprie procedure.
Siamo in grado di avviare un movimento "culturale e scientifico" volto all'utilizzo positivo degli errori?
 
Scritto da Mario Rossi
Leggo nell'articolo "Mineo, provincia di Catania, il depuratore consortile: questo il luogo, apparentemente con rischi limitati, dove invece hanno trovato la morte ben sei operai." rimango perplesso dal considerare un impianto di depurazione un luogo apparentemente con rischi limitati.
 
(Nota della redazione: il termine "apparentemente" stava proprio a significare che, senza una corretta valutazione dei rischi, il luogo può apparire come privo di gravi rischi. Ne è prova la tragica sottovalutazione compiuta dai 6 operatori.)
 
La mia esperienza in campo sicurezza del lavoro presso tali impianti è stata di tutt'altro avviso: il depuratore è un impianto di produzione industriale dove viene trasformato, con linee di processo più o meno complesse ed articolate, il liquame il due componenti a) acqua, b) fango. È notoriamente risaputo da tutti gli addetti di settore che nelle fasi di digestione dei reflui da parte dei microrganismi (fango) deputati alla depurazione dell'acqua vi è un processo di crescita e moria del fango con conseguente decomposizione di sostanza organica che produce biogas e idrogeno solforato esplosive e letali per l'uomo.
 
Da tempo ormai gli accessi a vasche, cunicoli, intercapedini, eccetera all'interno di un depuratore avvengono solo dopo bonifica dell'aria e monitoraggio con rilevatori gas/ossigeno che rimangono in funzione per tutta la durata dell'intervento, per interventi su tubazioni si arriva fino alla inertizzazione della condotta con azoto liquido per evitare il ristagno di atmosfere pericolose.
 
L'applicazione di specifiche procedure di lavoro per la messa in sicurezza dell'impianto oggetto dell'intervento e per l'accesso in spazi confinati con la compilazione di una lista di controllo per l’ok di apprestamenti di sicurezza, dpi e rilevatori è ormai riconosciuta condizione essenziale per l'accesso a detti ambienti.
 
Lavori simili si trovano normati dall'esperienza di attività svolte prevalentemente in ambienti pericolosi come cisterne, silos, caldaie industriali, condotte, camini e stive di navi.
 
Credo che sia un onere professionale del Servizio di Prevenzione e Protezione informarsi sull'evoluzione delle tecniche di sicurezza e ricercare anche in altri ambiti lavorativi con rischi affini le soluzioni più opportune, così da fornire idonei mezzi di salvaguardia dei lavoratori a Datori di Lavoro, Dirigenti e Preposti.
 
Forse il solo ottenimento di un attestato di partecipazione ad un corso modulare, come previsto dal D. Lgs. 195/2003, non può essere condizione abilitante all’incarico di addetto o responsabile del SPP, credo che sia opportuno parlare di professionalità acquisita, di senso di valutazione del rischio, di conoscenza tecnica specifica.
 
La giusta scelta del team della sicurezza da parte del Datore di Lavoro, credo che sia la politica premiante per una giusta applicazione del sistema sicurezza nel mondo lavorativo.
 
Si spera che con l’avvento del maxi TESTO UNICO (D. Lgs 81/2008) si possa approdare alla cultura della sicurezza e a far scendere drasticamente il numero dei caduti sul lavoro, perché di questo si tratta visti i numeri paragonabili ad una guerriglia.
 
Spero che il nuovo campo sanzionatorio venga, nei casi eclatanti di omicidio colposo e di lesioni gravi in ambito lavorativo, applicato dai Magistrati nella formula della massima pena, forse così tutte le figure responsabili di tali reati saranno costrette a cambiare atteggiamento nei confronti della sicurezza dei propri lavoratori; attivandosi non più nel trovare espedienti che gli permettano di aggirare le norme,ma processi reali che inducano ad un cambiamento culturale nella sensibilità alla sicurezza dei propri dipendenti.



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Rispondi Autore: Vittorio Nanni - likes: 0
18/06/2008 (13:14)
Il ministro, la confindustria e da ultimi i sindacati affermano che servono più controlli e più formazione.
Chi fa i controlli? Molti ritengono che debbano essere solo gli enti a ciò preposti, enti che quando intervengono, assai raramente, possono solo registrare nell'istante in cui operano se ci sono violazioni delle norme della sicurezza. Ritengo che si debba ritornare con estrema urgenza alla vigilanza eseguita quotidianamente da preposti e dirigenti che con specifiche competenze tecniche e di sicurezza pianifichino il lavoro e le misure di prevenzione.
Nell'edilizia sono da tempo operanti anche i coordinatori della sicurezza che svolgono in parte questo ruolo. La formazione deve diventare continua e seria, non un'occasione per avere finanziamenti e basta.

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