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Campi elettromagnetici: conoscere i campi, i rischi e le sorgenti

Un focus di PuntoSicuro in quattro puntate per favorire la conoscenza dei campi elettromagnetici, la percezione e valutazione del rischio e l’adozione di misure preventive. Cosa è un CEM, quali sono i rischi e quali le sorgenti. Prima parte.

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Il 29 settembre 2009 si è tenuto a Modena il seminario “Rischi da campi elettromagnetici in ambiente lavorativo”, organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità (Progetto Camelet) e dall’Azienda USL di Modena in collaborazione con Organizzazione Sindacali e Associazioni.

Durante l’incontro si è ricordato che nelle aziende la valutazione e la prevenzione dei rischi, associati all’esposizione di campi elettromagnetici, sono spesso trascurate e le informazioni sui fattori di rischio limitate.
Per questo motivo PuntoSicuro ha deciso di dedicare al tema, utilizzando atti e materiali del convegno presentati nei giorni scorsi, un focus in quattro parti: innanzitutto dando indicazioni sul rischio e sulle sorgenti di campi elettromagnetici nei luoghi di lavoro (prima parte), successivamente indicando gli effetti su salute e sicurezza (seconda parte), poi presentando le normative di riferimento (terza parte) e, infine, informando sulle misure di prevenzione possibili (quarta parte).




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Per iniziare, prendiamo spunto da un intervento al seminario dal titolo “Un po’ di fisica per capirsi: campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”, a cura della Dott.ssa  Annamaria Vandelli. L’autrice, con un linguaggio di facile comprensione, ci aiuta a comprendere gli elementi di conoscenza di base per poi addentrarsi nel mondo del rischio elettromagnetico.

Cosa è un campo elettrico?
“Si definisce campo elettrico il fenomeno fisico che conferisce ad un oggetto dotato di carica elettrica la proprietà di attrarre o respingere altre cariche elettriche. Un campo elettrico si può generare strofinando una penna su un maglione oppure si può avere un idea di un campo elettrico statico quando pettinandosi si ‘elettrizzano’ i capelli. Un campo elettrico non si può vedere né toccare, ma è sempre presente nei dintorni di apparecchiature elettriche tra le più comuni, anche se spente ma collegate alla rete. L’unità di misura del campo elettrico più comunemente impiegata è il Volt/metro (V/m)”.

Cosa è un campo magnetico?
“Il campo magnetico, a differenza di quello elettrico, è caratterizzato dalle cariche in movimento, in particolare dalle correnti elettriche che scorrono nei conduttori (corpi che si lasciano attraversare da un flusso di cariche elettriche). Il campo magnetico si definisce come la proprietà, che si manifesta nello spazio, di una carica elettrica in movimento di produrre una forza su una qualsiasi altra carica in movimento. Le calamite, sorgenti di campi magnetici permanenti, sono caratterizzate da correnti che scorrono permanentemente al loro interno; il nostro stesso pianeta è dotato di un campo magnetico i cui poli (positivo e negativo) sono localizzati nelle vicinanze del Polo Nord e del Polo Sud. L’unità di misura del campo magnetico è l’Ampère/metro, ma per comodità si misura il flusso di induzione magnetica che si esprime in Tesla e nei suoi sottomultipli”, come il microtesla
μT e millitesla mT.

E i campi elettromagnetici (CEM)?
Questi campi “hanno origine dalle cariche elettriche e dal movimento delle cariche stesse (es.  corrente elettrica). Infatti l’oscillazione delle cariche elettriche, per esempio in un’antenna o in un conduttore percorso da corrente, produce campi elettrici e magnetici che si propagano nello spazio sotto forma di onde. Le onde elettromagnetiche sono una forma di propagazione dell’energia nello spazio e, a differenza delle onde meccaniche (es. onde sonore) per le quali c’è bisogno di un mezzo, si possono propagare anche nel vuoto”.
Attenzione però non si può parlare di campi elettromagnetici in generale: “occorre specificare a che ‘tipo di radiazione’ ci si riferisce, poiché sono sensibilmente diverse al variare della frequenza, con effetti sulla materia altrettanto diversi”.  

Continuiamo ora a parlare di CEM attraverso “Rischi da campi elettromagnetici in ambiente lavorativo”, un documento divulgativo distribuito ai partecipanti del seminario.

Di quale tipologia di rischio stiamo parlando? 
“Il rischio da campi elettromagnetici (CEM) è un rischio che appartiene alle "Radiazioni non Ionizzanti" (che comprendono anche le radiazioni ottiche e cioè i raggi ultravioletti, le radiazioni del visibile, i raggi infrarossi) e viene considerato dal DLgs.81/2008 tra gli "Agenti Fisici" al Titolo VIII e in particolare dal Capo IV”.
In particolare i CEM “comprendono le radiofrequenze (RF), le microonde (MO), le cosiddette ELF (radiazioni a frequenze estremamente basse) e i campi elettrici e magnetici statici”.
Non comprendono invece “i rischi da contatto con parti in tensione che sono oggetto di altra normativa”.

Quali sono le sorgenti dei CEM? 
Sono diverse le attività lavorative che possono comportare “esposizioni a campi elettromagnetici, cioè nell’intervallo di frequenza da 0 Hz fino a 300 GHz” (a livelli di campo sensibilmente più elevati di quelli in gioco nelle tipiche esposizioni della popolazione), ad esempio possiamo avere:

- sorgenti di campi elettrici e magnetici statici: praticamente “ovunque vi siano apparecchiature alimentate da tensione continua o linee percorse da elevate correnti continue”. Concentrando l’attenzione sul solo campo magnetico, “possono risultare esposti a livelli di gran lunga superiori al fondo naturale (in media circa 50 μT di induzione magnetica), i lavoratori addetti a processi di elettrolisi” e “coloro che operano nel comparto ferroviario su trasporti alimentati in corrente continua”. Ma “elevati livelli di campi statici sono riscontrabili anche presso macchinari per la produzione di grandi elettrodi per archi voltaici” e “in prossimità dei tomografi a Risonanza Magnetica Nucleare”;

- campi elettrici e magnetici ELF negli ambienti industriali: “l’esposizione degli addetti alle centrali elettriche, è stata stimata attorno a 40 μT come valore medio, con picchi sensibilmente più elevati, specie per gli addetti alla manutenzione delle linee. Molti sono peraltro gli impianti industriali dotati di sottostazione autonoma per l’alimentazione elettrica, con esposizioni parimenti significative”. Anche in relazione ai diversi processi industriali, “ogni apparecchiatura alimentata con correnti elevate costituisce una potenziale sorgente. Nei vari tipi di forni elettrici e nelle fonderie (fusione e trattamento dell’acciaio e altri metalli) i lavoratori possono risultare esposti con continuità a campi magnetici tra 100 μT e 10 mT, con picchi superiori ai 100 mT nel caso dei saldatori, che sembrano costituire la categoria potenzialmente esposta ai livelli più elevati. Esposizioni significative sono inoltre riscontrabili nei processi di smerigliatura a mano (fino 300 μT), e nella produzione di magneti permanenti (500 μT)”;

- riscaldatori industriali a radiofrequenza e microonde: queste macchine, che si basano sulla “trasformazione in calore dell’energia elettromagnetica assorbita dal materiale oggetto di trattamento”, sono tradizionalmente suddivisi in tre categorie in base al principio e alle modalità di funzionamento: a perdite dielettriche, a induzione magnetica e a microonde. Nel caso degli apparecchi per riscaldamento a perdite dielettriche, che “vengono impiegati nell’industria del legno (incollaggio e piegatura), per la saldatura e stampaggio di manufatti in plastica (PVC in primo luogo) e nell’industria tessile (essiccamento delle fibre)”, ”l’esposizione degli operatori avviene in zona di campo vicino, e quindi è necessario a rigore misurare separatamente i campi elettrico e magnetico, anche se la sola misura del campo elettrico si dimostra conservativa in molti casi, in considerazione del principio di funzionamento dell’applicatore, che è in pratica un condensatore a facce piane e parallele in grado di generare intensi campi elettrici al suo interno (decine di kV/m). Gli apparecchi per riscaldamento a induzione sono usati invece nel trattamento dei materiali metallici (saldatura, indurimento, tempera, fusione, etc.), e nell’industria elettronica. “Come per i riscaldatori a perdite dielettriche, l’esposizione degli operatori avviene in zona di campo vicino, e quindi è necessario a rigore misurare separatamente i campi elettrico e magnetico, ma il maggior interesse è naturalmente questa volta concentrato sulla componente magnetica. I livelli di esposizione possono risultare tra i più elevati, con campi magnetici fino a 20 A/m e campi elettrici fino a 8 kV/m, in assenza delle opportune misure di protezione e contenimento, dipendendo sempre in modo critico, oltre che dalla potenza della macchina, dal tipo e configurazione degli induttori, dalla posizione del lavoratore rispetto ad essi, dalla presenza di altri oggetti metallici, e dalle procedure di impiego della macchina”;

- apparecchiature biomediche:  in numerose indagini sperimentali effettuate nelle strutture sanitarie presso apparecchiature emittenti radiazioni non ionizzanti si sono evidenziate “situazioni di esposizione rilevante e talvolta elevati rischi per la salute e la sicurezza di operatori e pazienti, con notevoli carenze strutturali, organizzative e procedurali, dovute anche all’assenza di specifiche normative di prevenzione e protezione in materia, eccezion fatta per la Risonanza Magnetica Nucleare”. Nel documento originale - che vi invitiamo a visionare – è presenta una tabella con le apparecchiature con aspetti di interesse ai fini della tutela della salute di pazienti e lavoratori;

- apparati per telecomunicazioni: rappresentano il contributo più significativo per l’esposizione della popolazione alle radiofrequenze e microonde, ma “numerose categorie professionali possono comunque risultare esposte a livelli notevolmente elevati”. Ad esempio “gli operatori la cui mansione comporta l’ascesa su torri e tralicci, per l’installazione o la manutenzione di sistemi radio FM” o televisivi “possono essere esposti a campi elettrici fino a 1000 V/m e magnetici fino a 5 A/m”.  “Esposizioni più contenute e non superiori a 0,1 W/m2, sono in genere associate alla vicinanza a sistemi radar per il controllo del traffico aereo”;

- varchi magnetici e sistemi antitaccheggio: queste apparecchiature “sono sorgenti di esposizione per la popolazione e per i lavoratori di largo e crescente impiego presso centri commerciali, supermercati, negozi, banche, aeroporti ecc.”. Tali sistemi “possono produrre esposizioni croniche per i lavoratori con postazioni di lavoro fisse in prossimità dei varchi, come è il caso degli addetti alle casse nei supermercati, che possono risultare esposti continuativamente per l’intero turno lavorativo a livelli di campo non trascurabili”;

- sistemi di identificazione a radiofrequenza (RFID): sono “dispositivi che consentono la rapida identificazione di persone o merci mediante la lettura a distanza di apposite etichette magnetizzate”. “I problemi posti da questi sistemi sono simili a quelli dei varchi elettromagnetici o dei dispositivi antitaccheggio”.

Nei prossimi giorni pubblicheremo la seconda parte di questo focus dedicata a individuare gli effetti dell’interazione dei campi elettrici e magnetici con i tessuti biologici.



Atti del convegno “Rischi da campi elettromagnetici in ambiente lavorativo”, intervento “Un po’ di fisica per capirsi: campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”, Dott.ssa  Annamaria Vandelli, Az. USL di Modena  (formato PDF, 393 kB).

Rischi da campi elettromagnetici in ambiente lavorativo”, materiale divulgativo relativo al convegno omonimo; fonti:  ISPESL, ISS, ELETTRA2000, ASL di Siena, Az.USL di Modena Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province aut. (formato PDF, 231 kB).



Tiziano Menduto
 



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