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Condannato un RSPP “negligente” per le lesioni riportate da un lavoratore

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Lavoratori

07/02/2008

La negligenza, l’imprudenza e l’imperizia presi ancora a riferimento dalla Cassazione per determinare le capacità professionali del RSPP. “È venuto meno ai suoi compiti istituzionali omettendo di segnalare una situazione di rischio”. A cura di G. Porreca.

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La negligenza, l’imprudenza e l’imperizia presi ancora a riferimento dalla cassazione per determinare le capacità professionali del RSPP. “È venuto meno ai suoi compiti istituzionali omettendo di segnalare una situazione di rischio”.
 
 
 Commento a cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).
 
Ancora una volta la negligenza, l’imprudenza e l’imperizia sono stati presi dalla Corte di Cassazione quali metro di riferimento per valutare e determinare le capacità professionali di un responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), elementi addebitati al tecnico per essere venuto meno all’assolvimento dei propri compiti istituzionali fissati dal D. Lgs. n. 626/1994 e per aver omesso di segnalare una situazione di rischio a seguito della quale si è verificato un infortunio sul lavoro, condizionando in tal modo il datore di lavoro a non adottare una doverosa misura prevenzionale.
 
Nel caso in esame un lavoratore, mentre procedeva a scaricare da un camion mediante una gru dei pesantissimi cilindri fatti di fogli di acciaio arrotolati, ciascuno di circa 1700 kg, ed a posizionarli uno sull’altro in delle stive costituite da grossi gabbioni metallici, rimaneva infortunato, investito da uno di questi cilindri ribaltatosi, subendo gravissime lesioni consistenti in un grave trauma da schiacciamento della gamba con conseguente amputazione.
 
Dalle indagini veniva accertato che le stive per collocare i cilindri metallici erano insufficienti e che tale situazione era ben nota all’azienda senza che fossero stati adottati dei provvedimenti per aumentare il numero delle stive stesse né che fossero state impartite delle precise disposizioni su come effettuare le operazioni di scarico.
 
A seguito dell’accaduto il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’azienda veniva condannato in primo e secondo grado di giudizio per il reato di lesioni colpose e la Corte di appello in merito all’incidente aveva ad indicare che si era trattato di un infortunio che poteva dirsi "annunciato".
 
Il RSPP veniva ritenuto responsabile delle lesioni riportate dal lavoratore infortunato ed il suo comportamento negligente veniva considerato, insieme a quello del datore di lavoro, una concausa dell'infortunio verificatosi.
 
Nell’occasione i giudici affermavano che “compete al responsabile del servizio di prevenzione, specie quando esso sia come nella specie un dipendente dell'imprenditore, lo specifico dovere, per contratto, di informarsi, di vigilare, di conoscere e di intervenire; il suo compito non si risolve nella mera consulenza verso il datore di lavoro, ma comprende l'obbligo concreto di segnalare il pericolo e le misure necessarie per affrontarlo, pur restando gli obblighi decisionali, di scelta e di spesa nella esclusiva competenza del datore di lavoro. Prova ne è che, in caso di mancata attivazione, il datore di lavoro può non essere a conoscenza della specifica situazione esistente” e aggiungevano ancora i giudici che nel caso specifico era emerso che nulla avesse fatto il RSPP “violando dunque gli obblighi contrattualmente accettati con l'assunzione dello specifico incarico”.
 
Avverso la sentenza di condanna il RSPP ha inteso far ricorso alla Corte di Cassazione adducendo a sua discolpa il motivo che egli fosse stato ritenuto responsabile dell’accaduto erroneamente dal momento che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione previsto dal D. Lgs. 626/1994 “è organo meramente consultivo e propositivo del datore di lavoro con assenza di responsabilità penale, anche a titolo di concorso con il datore di lavoro” e che non poteva essere chiamato a rispondere delle lesioni del lavoratore conseguenti alla inosservanza della normativa antinfortunistica “non essendo stata costruita a suo carico una posizione di garanzia”.
 
Lo stesso RSPP non condivideva, altresì, le conclusioni a cui era pervenuta la Corte di Appello, in base alle quali l’infortunio non sarebbe accaduto se fosse stato informato della situazione il datore di lavoro, in quanto la direzione dell’azienda era ben al corrente della pericolosità delle manovre in atto senza che avesse fatto nulla per impedirle.
 
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ed ha confermata la sentenza di condanna dell’imputato formulando nella stessa delle interessanti osservazioni.
 


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Afferma la Sez. III che “dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994 articolo 8 commi 3 e 10, emerge che i componenti del servizio aziendale di prevenzione, essendo considerati dei semplici ausiliari del datore di lavoro, non possono venire chiamati a rispondere direttamente del loro operato, proprio perché difettano di un effettivo potere decisionale. Essi sono soltanto dei consulenti e i risultati dei loro studi e delle loro elaborazioni, come pacificamente avviene in qualsiasi altro settore dell'amministrazione dell'azienda - ad esempio, in campo fiscale, tributario, giuslavoristico - vengono fatti propri dal vertice che li ha scelti sulla base di un rapporto di affidamento liberamente instaurato e che della loro opera si avvale per meglio ottemperare agli obblighi di cui è esclusivo destinatario. Tanto è vero che il medesimo decreto legislativo ha escluso la diretta sanzionabilità penale o amministrativa di eventuali comportamenti inosservanti da parte dei predetti componenti interni o esterni del servizio aziendale di prevenzione e protezione”.
 
La Suprema Corte prosegue sostenendo comunque che “come ritiene la dottrina più attenta e come già osservato da questa Corte (sez. 4 20.4.2005 n. 11351 rv. 233657), il fatto che il Decreto Legislativo n. 626 del 1994 abbia escluso la diretta sanzionabilità penale o amministrativa di eventuali comportamenti inosservanti dei predetti componenti interni o esterni del servizio aziendale di prevenzione e protezione, non significa che questi componenti possano e debbano ritenersi in ogni caso totalmente esonerati da qualsiasi responsabilità penale e civile derivante da attività svolte nell'ambito dell'incarico ricevuto”.
 
Interessanti sono poi le conclusioni alle quali è pervenuta la III Sezione secondo la quale “Occorre distinguere infatti il piano delle responsabilità prevenzionali, derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo, per le quali l'assenza di espressa sanzione esclude la responsabilità, da quello delle responsabilità per reati colposi di evento, quando, cioè, si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie, riconducibili alle previsioni di cui agli articoli 589 e 590 c.p.” per cui ne consegue che il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro ad omettere l'adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà dell'evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa che gli deriva dalla sua specifica posizione professionale.
A queste medesime conclusioni del resto era già pervenuta la stessa Sez. IV della Corte di Cassazione in una recente sentenza, la n. 15226 del 17/4/2007, con la quale veniva individuata la responsabilità tecnica e professionale del RSPP e veniva riconosciuta allo stesso, pur se dipendente del datore di lavoro, una posizione di garanzia che trova il suo fondamento nella previsione legislativa di cui al D. Lgs. n. 626/1994 e che gli attribuisce un ruolo importante nel complessivo sistema della prevenzione e della tutela del lavoratore.
 
RSPP, negligenza, imprudenza, imperizia, capacità professionali, mancata segnalazione, situazione di rischio, pericolo, mancata informazione, D. Lgs. n. 626/94, 1994, legge 626, responsabilità, Porreca, Cassazione, sentenza, 39567, 26 ottobre 2007
 
G. Porreca
 
 
 
 



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