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Procedure e modulistica del triage sanitario nelle catastrofi. Parte I

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale una Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri per orientare correttamente i comportamenti degli operatori sanitari nelle emergenze catastrofiche. Obiettivi, definizioni, triage e PMA. Prima parte.

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Questa direttiva nasce dalle competenze indicate nel decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401. All’articolo 5 è, infatti, previsto che “il Presidente del Consiglio dei Ministri predisponga gli indirizzi operativi dei programmi di previsione e previsione dei rischi, nonché i programmi nazionali di soccorso e i piani per l'attuazione delle conseguenti misure di emergenza, di intesa con le regioni e gli enti locali”.
 
Il documento vuole definire “percorsi metodologici in grado di orientare correttamente i comportamenti degli operatori sanitari in emergenze catastrofiche” e ritiene necessario “gestire le limitate risorse disponibili in modo da ridurre, nei limiti delle possibilità, la mortalità e la morbilità dei soggetti coinvolti in un evento calamitoso”.
 

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La direttiva nasce, inoltre, con l’obiettivo di uniformare la “procedura di suddivisione dei pazienti in classi di gravità, al fine di assegnare loro un grado di priorità di trattamento e di trasferimento in una struttura ospedaliera, e di dotare ogni paziente di una scheda triage, in modo da permettere di documentare, anche in caso di situazioni catastrofiche, tutti gli interventi sanitari effettuati”.
 
Nella prima parte della direttiva si definisce innanzitutto il termine triage nelle situazioni di “maxiemergenza o evento maggiore, tenendo conto che tali situazioni sono caratterizzate da una iniziale transitoria limitatezza di risorse”.
 
In questi casi con “triage” si intende il “processo di suddivisione dei pazienti in classi di gravità in base alle lesioni riportate e alle priorità di trattamento e/o di evacuazione”; dunque una “procedura sanitaria di tipo dinamico che consente di gestire le limitate risorse disponibili al fine di ridurre al massimo la mortalità e la morbilità delle persone coinvolte nell'evento, orientando, come sopra detto, il trattamento sanitario e il trasferimento dei pazienti in base alla priorità scaturita dalla loro valutazione sanitaria”.
 
Il triage deve essere documentato attraverso una scheda che deve sempre seguire il paziente nelle varie fasi di trattamento, specialmente nelle situazioni in cui la “gestione del paziente sia stata affidata a più sanitari e in diversi luoghi, essendo noto che il processo di valutazione dei soggetti coinvolti in una maxiemergenza si sviluppa lungo una sequenza di fasi dal salvataggio fino al trattamento definitivo in ospedale”.
 
Generalmente il triage viene eseguito:
- sul sito dell'evento (e/o area di raccolta);
- al PMA in entrata;
- al PMA in uscita;
- all'ingresso in ospedale.
 
Con PMA si intende un Posto Medico Avanzato, secondo la definizione nella G.U. del 12 maggio 2001 che lo definisce come un “dispositivo funzionale di selezione e trattamento sanitario delle vittime, localizzato ai margini esterni dell'area di sicurezza o in una zona centrale rispetto al fronte dell'evento”.
 
Il PMA, che ha diverse funzioni (radunare le vittime, concentrare le risorse di primo trattamento, effettuare il triage, trattare i feriti con manovre salvavita e organizzare l’evacuazione sanitaria dei feriti nei centri ospedalieri più idonei), può essere di due livelli a seconda del tipo di emergenza.
 
Ad esempio il PMA di I livello, utilizzato in caso di “catastrofe ad effetto limitato”, ha una “limitata capacità di trattamento (approssimativamente 30 codici rossi/gialli)”, un “rapido impiego (al massimo entro un ora dall'evento)” e un’autonomia temporale limitata (al massimo 12 ore).
 
Un PMA di II livello è, invece, utilizzato in “calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari” (punto c, art. 2, legge n. 225 del 24 febbraio 1992) ed è caratterizzato da una “capacità di trattamento in autonomia logistica ed operativa di circa 150 codici rosso/gialli”, “impiego rapido (al massimo entro 6 ore dall'evento)” e “autonomia temporale di circa 72 ore”.
 
In un prossimo articolo di approfondimento della direttiva si affronterà il tema dell’analisi del processo di triage, gli scenari incidentali possibili, le procedure e la scheda di triage.
 
 
Tiziano Menduto
 


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