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Piani d’emergenza e disabilita’ nei luoghi di lavoro

L’esperienza dell'Azienda Ospedaliera Universitaria di Modena per l’individuazione di un metodo per la gestione dell'emergenza antincendio e delle altre emergenze per i disabili che lavorano in ospedale.

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Nel numero 2/07 di Difesa Sociale, rivista trimestrale dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale sui rapporti tra cultura, salute e società, è comparsa un interessante studio a cura di Ciro Bonini, Gianluigi Trianni dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Modena e Elena Vecchi dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.
 
Questo studio, intitolato “Piano d'emergenza disabili nei luoghi di lavoro: l'esperienza di un ospedale universitario”, ha avuto come obiettivo l’individuazione di un “metodo per la gestione dell'emergenza antincendio e delle altre emergenze per i disabili che lavorano in un ospedale universitario con oltre 600 posti letto”.
 
Nell’introduzione di questo documento si racconta come il Servizio Prevenzione Protezione si sia attivato per adeguare il piano d'emergenza antincendio dell'Azienda Ospedaliera Universitaria di Modena alla circolare del Ministero dell’Interno del 1° marzo 2002, n. 4 che contiene le “Linee guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili”.
 


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Nella circolare si indica “sostanzialmente che nella valutazione del rischio il datore di lavoro e i responsabili della sicurezza devono sempre considerare l'eventuale presenza di persone con ridotte capacità fisiche, mentali, sensoriali, motorie, di tipo permanente o temporaneo e se possibile, devono essere coinvolte, nelle diverse fasi della stesura del piano d'emergenza”.
 
Nell’adeguamento del piano d'emergenza alla circolare si è colta anche “l'occasione per mappare, per sede e tipologia di disabilità, il personale disabile ed i sistemi d'evacuazione all'interno dell'Azienda, ed individuare un metodo per la gestione sia dell'emergenza antincendio che per gli altri tipi d'emergenza”.
 
Riguardo alla valutazione del rischio e tenendo conto dei criteri indicati nella circolare del 1 marzo 2002, le difficoltà che ostacolano o rendono difficile la mobilità in caso di emergenza sono stati suddivisi rispetto alle caratteristiche:
- Architettoniche: ostacoli di tipo edilizio quali "gradini, ostacoli sui percorsi orizzontali, elementi sporgenti, percorsi tortuosi, eccessivamente lunghi, corridoi inadeguati rispetto la larghezza, rampe inadeguate".
- Strutturali: ostacoli di tipo logistico quali "porte che richiedono uno sforzo eccessivo per l'apertura, porte non dotate del ritardo di chiusura, organizzazione o disposizione degli arredi che limitano la movimentazione, mancanza di misure alternative all'esodo autonomo".
- Organizzative: ostacoli di tipo gestionale "ove possibile, consultazione dei lavoratori disabili, formazione ed addestramento delle persone incaricate di offrire assistenza e aiuto in caso d'emergenza".
 
Inoltre nella “fase di progettazione del piano d'emergenza” si ricorda che devono essere considerati:
- “l'adeguamento dei percorsi ai requisiti di complanarietà della pavimentazione;
- l'adeguamento di scale ai requisiti di comodità all'uso;
- l'adeguamento della lunghezza dei percorsi di esodo;
- l'ampliamento di passaggi che devono essere di larghezza adeguata;
- l'installazione dei corrimano nei percorsi orizzontali;
- la realizzazione di "spazi calmi" quando disposti su più piani;
- la realizzazione di ascensori antincendio e spazi antistanti e retrostanti le porte antincendio;
- la verifica del livello di complessità dei dispositivi di apertura delle uscite di sicurezza, la capacità d'orientamento che non è data solo dalla cartellonistica, dalla segnaletica visiva, uditiva, ma anche da misure alternative per la percezione dell'allarme che deve essere un messaggio chiaro e semplice”.
 
Lo studio indica che è preferibile “la suddivisione della struttura ospedaliera in compartimentazioni per la gestione dell'emergenza (es. emergenza antincendio) piuttosto che individuare complessi sistemi di fuga costituiti da scale di sicurezza o lunghi percorsi difficilmente utilizzabili da persone disabili”.
Si rammenta, inoltre, che la circolare fa riferimento ad un compartimento chiamato “Spazio calmo” definito come “luogo sicuro statico contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito; tale spazio non deve costituire intralcio alla fruibilità delle vie di esodo e deve avere caratteristiche tali da garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa di soccorsi".
 
Relativamente alla mappatura del personale disabile -  e per superare le problematiche relative alla privacy - è stato elaborato un questionario (allegato alla ricerca) a domande semiaperte informando il dipendente che le “notizie ottenute in merito alla propria disabilità sarebbero state protette dal segreto professionale e le schede con i dati personali sarebbero state depositate presso il servizio SPP come documenti riservati”.
 
Seguendo la codificazione della circolare già citata “dei 2.717 dipendenti dell'Azienda Ospedaliera Policlinico di Modena sono state identificate 32 persone con disabilità”.
 
Al termine di questa mappatura si è tenuto conto che era necessario “addestrare al trasporto delle persone disabili alcuni lavoratori fisicamente idonei, a cui fornire informazioni sia in merito ai comportamenti più consoni da adottare per quel tipo di disabilità sia sulle modalità operative da impartire ad altri eventuali soccorritori che dovessero intervenire nel soccorso a questi colleghi”.
E’ stato dunque scelto di “mettere in condizione il disabile di esercitare pienamente i suoi diritti fondamentali e d'avere un ruolo attivo nella società” scegliendo un proprio tutor che lo supportasse in caso d'emergenza.
 
“Dopo la stesura scritta del piano individualizzato si è chiesto ad entrambi di sottoscriverlo, insistendo sul fatto che la scheda veniva trattenuta in modo riservato presso il servizio di Prevenzione e Protezione” (Allegato 2).
 
Nello studio sono indicate le azioni specifiche intraprese per i dipendenti con disabilità cognitiva, con patologia psichiatrica o con disabilità uditiva o visiva.
Riguardo alla formazione ai dipendenti non vedenti è stato “distribuito un libretto informativo in linguaggio Braille sulla sicurezza e prevenzione aziendale e si sta progettando uno specifico modulo didattico formativo o informativo su questi temi diretto ai dipendenti in rapporto alla specifica disabilità”.
 
L’applicazione di tale metodologia, per la gestione delle emergenze in presenza di disabilità, oltre ad aver ottemperato ad un obbligo di legge e aver migliorato alcuni punti critici nella logistica dell'emergenza, ha aiutato l’integrazione del personale disabile all'interno dell'azienda “rafforzando il rapporto di fiducia con il tutore e, più in generale, con tutto il personale del servizio”.
 
“In questo progetto ed in quelli futuri” – conclude lo studio – si devono coinvolgere anche le “associazioni dei disabili in quanto depositarie privilegiate di esperienze e conoscenze pratiche difficilmente riscontrabili in ambiente sanitario, così da aprire uno spazio per confronti positivi e cercare soluzioni e strategie nell'ottica di un miglioramento continuo per integrare anche e soprattutto sul lavoro le persone in condizioni di disagio”.
 
 
Piano d'emergenza disabili nei luoghi di lavoro: l'esperienza di un ospedale universitario” (formato PDF, 153 kB), a cura di Ciro Bonini, Gianluigi Trianni e Elena Vecchi.
 
Difesa Sociale” (formato PDF, 891 kB). Rivista trimestrale dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale sui rapporti tra cultura, salute e società,  numero 2/07, ISSN 0012-2653.
 
Tiziano Menduto
 



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